Secondo uno studio condotto negli USA, le emissioni di polline delle piante potrebbero iniziare fino a 40 giorni prima entro la fine del secolo a causa del cambiamento climatico. I risultati della ricerca, pubblicata su Nature Communications, mostrano come il cambiamento climatico e l’inquinamento possano avere ulteriori effetti negativi sulla salute umana estendendo la stagione delle allergie ai pollini.
La vita delle persone che soffrono di allergia, dunque, potrebbe diventare più difficile a causa dei cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature e della CO2 spingeranno infatti le piante a produrre maggiori quantitativi di polline e per un periodo di tempo più lungo. A dirlo è uno studio dell’Università del Michigan.
La produzione di polline causata dal vento è legata alla temperatura e alle precipitazioni e svolge un ruolo importante nella fertilizzazione delle piante. Le allergie respiratorie indotte dai pollini, come il raffreddore da fieno, colpiscono il 30% della popolazione mondiale e contribuiscono alla perdita economica dovuta alle giornate lavorative perse e alle spese mediche. Per motivi di salute ed economici è importante capire come i cambiamenti climatici altereranno la produzione di polline delle piante e, di conseguenza, le allergie stagionali.
Yingxiao Zhang e Allison Steiner hanno combinato i dati climatici con scenari socioeconomici e hanno sviluppato un approccio di modellizzazione per proiettare i cambiamenti nelle emissioni di polline negli Stati Uniti alla fine del secolo (2081–2100), che hanno poi confrontato con un periodo storico (1995–2014) . Gli autori hanno scoperto che alla fine del secolo le emissioni di polline potrebbero iniziare fino a 40 giorni prima e potrebbero durare anche 19 giorni in più, aumentando le emissioni annuali di polline negli Stati Uniti del 16-40%. Inoltre, gli autori hanno aggiunto le concentrazioni di CO2 al modello e hanno scoperto che le emissioni annuali di polline potrebbero aumentare fino al 250% a causa dell’inquinamento antropogenico.
Gli autori osservano che i dati su come la produzione di polline è influenzata dalla CO2 si basano su risultati di laboratorio e sono necessarie ulteriori ricerche per quantificarne gli effetti in ambienti naturali. Concludono che le loro scoperte sono un punto di partenza per ulteriori indagini sulle conseguenze dei cambiamenti climatici sui modelli di emissione di pollini e le conseguenti implicazioni per la salute.