Senza accordo sul prezzo del pomodoro per pochi centesimi al chilo rischia tutta la produzione di salsa e passate Made in Italy proprio in un momento in cui con la guerra in Ucraina e l’esplosione dei costi delle materie prime e dell’energia l’Italia ha bisogno di mettere in campo tutte le sue risorse per garantire le produzioni alimentarie e le forniture di cibo alle famiglie italiane. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento allo stallo delle trattative con le industrie per la pianificazione del raccolto del pomodoro. La mancanza di un accordo non permette agli agricoltori di affrontare costi di produzione in ascesa vertiginosa con il rischio di una riduzione delle superfici dedicate a uno dei prodotti più diffusi in cucina per condire dalla pasta alla carne, dalla pizza alle bevande.
Con il rincaro dei costi energetici che si trasferisce sui costi di produzione nella filiera agroalimentare come quello per gli imballaggi, si arriva al paradosso di pagare più la bottiglia del pomodoro in essa contenuto. Ad esempio – spiega Coldiretti – in una bottiglia di passata da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.
Una situazione che mette a rischio le produzioni nazionali – evidenzia Coldiretti – con l’Italia che è ai primi posti nel mondo per la produzione di polpe e trasformati e che nel 2021 ha coltivato oltre 71mila ettari a pomodoro fra nord e sud del Paese per un raccolto di oltre 6 miliardi di chili garantendo gli approvvigionamenti alle famiglie. Il nulla di fatto nelle trattive con le industrie – avverte la Coldiretti – rischia quindi di favorire le importazioni dal resto del mondo già cresciute del 40% nell’ultimo anno, con l’invasione di pomodoro, fra salse e passate, da parte di Cina (+47%) e Stati Uniti (+59%) con una vera e propria esplosione degli arrivi dalla Turchia passati da 189mila chili a quasi 23 milioni di chili di derivati e trasformati.
L’accordo sul prezzo agli agricoltori è quindi strategico – conclude Coldiretti – perché chi sceglie di coltivare pomodoro deve ordinare le piantine per il raccolto estivo con il rischio che il balzo dei costi porti anche produttori storici a scegliere colture che richiedono meno investimenti e minori rischi come mais, sorgo, girasole e soia, le cui quotazioni sono esplose con la guerra in Ucraina e le tensioni commerciali internazionali.
Con il piano di pace calano i prezzi di grano e mais
Gli spiragli di pace frenano la speculazione sui prezzi di grano e mais che invertono al tendenza e scendono dopo aver raggiunto quotazioni da record storico. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli andamenti al Chicago Board of Trade punto di riferimento mondiale delle materie prime agricole. Un andamento spinto dalle aspettative sul raggiungimento dell’accordo tra Russia ed Ucraina ed il superamento delle difficoltà nel commercio internazionale dei cereali con blocchi alle esportazioni e dei trasporti che hanno riguardato anche la disponibilità di fertilizzanti necessari alla coltivazione spingendo verso l’alto le quotazioni. Il contratto future più attivo sul grano – rileva la Coldiretti – con l’inizio della guerra era arrivato a superare i 13,6 dollari per bushel (27,2 chili) mentre il mais a 7,8 dollari per bushel al top da 10 anni. Si tratta infatti di livelli – spiega la Coldiretti – raggiunti solo negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina. Una situazione determinata dal fatto che – continua la Coldiretti – i due Paesi in guerra insieme controllano circa il 29% delle vendite mondiali di grano tenero per la panificazione, il 19% del commercio del mais destinato all’alimentazione degli animali negli allevamenti e circa l’80% dell’olio di girasole impiegato per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell’industria alimentare, oltre che per le fritture. Una emergenza internazionale che riguarda pero’ direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti. L’aumento di mais e soia – conclude la Coldiretti – sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili.