Con il riscaldamento del clima, molte specie animali si sposteranno in nuovi ambienti, portando con sé parassiti e agenti patogeni. Questi spostamenti geografici possono facilitare la condivisione virale tra specie che in precedenza non avevano interazioni, il che a sua volta può favorire lo spillover zoonotico, ossia la trasmissione di agenti patogeni dagli animali selvatici all’uomo. Pochi studi hanno valutato come i cambiamenti globali potrebbero influenzare potenziali hotspot futuri per la condivisione virale e le malattie emergenti.
Ora, secondo un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature, si prevede che entro il 2070 si verificheranno almeno 15.000 nuove trasmissioni virali tra specie diverse, guidate dai cambiamenti climatici. Queste maggiori opportunità di condivisione virale possono aumentare il rischio di malattie infettive emergenti che passano dagli animali all’uomo nei prossimi 50 anni, specialmente in Africa e in Asia. I risultati evidenziano la necessità di combinare la sorveglianza virale con la valutazione dei cambiamenti nell’areale delle specie a seguito dei cambiamenti climatici, specialmente nelle regioni tropicali che ospitano la maggior parte delle malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo.
Colin Carlson e colleghi hanno esaminato come potrebbero cambiare le aree geografiche di 3.870 specie di mammiferi in risposta a diversi scenari climatici entro il 2070. Hanno utilizzato un modello di pattern di condivisione virale dei mammiferi per fare previsioni sulle future opportunità di trasmissione virale tra specie diverse in un sottoinsieme di 3.139 animali. Almeno 15.000 nuovi eventi di condivisione virale tra specie sono previsti entro il 2070 come risultato della riorganizzazione della distribuzione dei mammiferi guidata dai cambiamenti climatici, in uno scenario di riscaldamento di 2°C. Si prevede che questi nuovi eventi di condivisione di virus siano guidati principalmente dai pipistrelli, che possono ospitare virus con un’alta probabilità di essere trasmissibili all’uomo.
Si prevede che nuovi incontri tra specie di mammiferi avvengano ovunque nel mondo, ma saranno concentrati in aree ad alta densità di popolazione umana nell’Africa tropicale e nel Sud-Est Asiatico. Anche alcuni centri popolati europei sbarcano in questi hotspot; agenti patogeni recentemente emersi in questa regione, come il virus Usutu, evidenziano che queste popolazioni possono ancora essere vulnerabili, nonostante una maggiore sorveglianza e accesso all’assistenza sanitaria.
Con il riscaldamento già in corso, i cambiamenti causati dal clima negli hotspot per la dispersione delle specie e l’evoluzione virale potrebbero essere già in corso e mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2°C entro il secolo non ridurrà la futura condivisione virale, osservano gli autori. “I nostri risultati suggeriscono che il cambiamento climatico potrebbe facilmente diventare la forza antropogenica dominante nella trasmissione virale tra specie diverse, il che avrà senza dubbio un impatto a valle sulla salute umana e sul rischio di pandemie. Il monitoraggio dello spillover virale negli esseri umani è fondamentale, ma lo è anche il monitoraggio della trasmissione virale tra le specie selvatiche. Mirare alla sorveglianza nei futuri hotspot di trasmissione tra specie, come il Sud-Est Asiatico, e allo sviluppo di norme di condivisione di open data per la comunità scientifica globale aiuterà i ricercatori a identificare precocemente i salti dell’ospite, migliorando alla fine la nostra capacità di rispondere a potenziali minacce”, concludono gli autori dello studio.