I tumori sono legati all’invecchiamento: il nodo in mutazioni comuni a 16 specie

I mutamenti cellulari che portano tumori sono legati ai meccanismi di invecchiamento dell'organismo
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Ogni essere vivente invecchia in maniera differente l’uno dall’altro. Dal cane al leone, dalla giraffa all’uomo, le mutazioni del Dna avvengono in svariati modi e proprio queste, dunque, sono le prime indiziate come causa dell’invecchiamento e dello sviluppo dei tumori. A questa conclusione è giunto uno studio che ha messo a confronto 16 specie diverse di mammiferi, dimostrando anche che le mutazioni genetiche si accumulano più lentamente negli animali che hanno una vita più lunga.

La ricerca, guidata dall’Istituto Wellcome Sanger del Regno Unito e pubblicata sulla rivista Nature, getta nuova luce sulle teorie che cercano di spiegare le cause dell’ invecchiamento. Le mutazioni genetiche, anche dette somatiche, sono cambiamenti che avvengono naturalmente in tutte le cellule, durante l’intero arco della vita di un organismo. Negli esseri umani, ad esempio, ogni cellula accumula tra le 20 e le 50 mutazioni all’anno: la maggior parte sono innocue, ma alcune possono portare a malfunzionamenti o allo sviluppo di tumori. I

I ricercatori guidati da Alex Cagan e Adrian Baez-Ortega, grazie ad un nuovo metodo per misurare i cambiamenti di livello del Dna, hanno dimostrato che le mutazioni si accumulano in modo lineare col passare del tempo, e con meccanismi simili a tutte le specie prese in esame. Ma ciò che maggiormente ha fatto propendere a sostenere il fondamentale ruolo delle mutazioni nel processo di invecchiamento si trova in un altro dato: il tasso con cui avvengono nuove modifiche proprie man mano che la vita si allunga. Ne consegue che gli animali che vivono molti anni, come l’uomo, alla fine hanno lo stesso numero di mutazioni di quelli che vivono pochi mesi. “Ciò suggerisce che mutazioni somatiche svolgano un ruolo nell’invecchiamento, anche se sono possibili alternative“, commenta Cagan. “Nei prossimi anni sarà affascinante allargare questi studi a specie ancora più diverse tra loro – concludono gli esperti – come insetti o piante“.

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