“Vienna Cammarota, inizierà il suo cammino verso Pechino, da un luogo molto importante per la storia di Venezia e non solo. Superate le quarantene del Covid 2019 torna ad essere aperta ai visitatori l’isola della “quarantena”, il Lazzaretto Nuovo, che è, tra i lazzaretti veneziani, l’unico ad essere stato pienamente recuperato in questi ultimi decenni. Oggi, dopo i molti restauri realizzati, oltre agli aspetti storico-archeologici e monumentali, è usufruibile anche come area naturalistica e ambientale: un ecomuseo, collegato anche con altre realtà e istituzioni del territorio. A Venezia dopo il “Lazzaretto vecchio” (1423), primo lazzaretto della storia, dove erano isolati i casi manifesti di peste, nel 1468 venne istituita una seconda struttura sanitaria che aveva il compito di isolare i sospetti, detto “lazzareto novo” per distinguerlo dall’altro già esistente, Lazzaretto Vecchio.
Le indagini archeologiche, compiute dal 1990 ad oggi e condotte sia dalla Soprintendenza per i restauri degli edifici storici, sia negli anni successivi a scopo didattico e di ricerca, su iniziativa dell’Archeoclub d’Italia, in collaborazione e sotto la direzione scientifica anche di università italiane e straniere, hanno avuto un ruolo fondamentale nel rivitalizzare l’isola soprattutto nei periodi estivi. Tali indagini hanno confermato la destinazione dell’intera superficie dell’isola a lazzaretto, riportando alla luce strutture e pavimentazioni delle contumacie, i resti della piccola chiesa di San Bartolomeo con fondazioni medioevali, confermando la presenza di vaste aree cimiteriali interne ed esterne al circuito murario, e restituendo la documentazione materiale riferibile alla curiosa vita umana che ha avuto luogo sull’isola, anche con l’acquisizione di nuovi dati paleo-antropologici e paleo-patologici”: lo ha affermato Gerolamo Fazzini, archeologo, Presidente Archeoclub D’Italia sede di Venezia. “I resti in situ sono oggi idoneamente protetti e ricoperti, e sono documentati con pannelli didattici che illustrano nel dettaglio l’articolazione delle varie zone, lungo il percorso di visita allestito all’interno dell’isola tra il “priorado”, le “camere di contumacia” (casette), i “forni da pane”, i pozzi “alla veneziana”, l’area cimiteriale. Negli ultimi anni le ricerche si sono concentrate nell’area di nord-est dell’isola dove doveva trovarsi l’abitazione del Priore – ha proseguito Fazzini – e nella vicina area dei forni da pane; e inoltre nell’area meridionale esterna alle mura del Camposanto con un saggio antropologico. Aldilà dei ritrovamenti veri e propri effettuati, queste esperienze concrete di lavoro sul campo hanno offerto a studenti e docenti occasioni uniche di crescita personale e professionale; un’esperienza completa di studio archeologico: dalle fonti alla preparazione dell’area d’indagine, allo svolgimento dello scavo stratigrafico, fino alla classificazione e al restauro dei reperti. Tra il 2015 e il 2019 sono state effettuate alcune indagini archeo-antropologiche, condotte dall’Università dell’Australia Occidentale di Perth (UWA) – Centre for Forensic Science (responsabile scientifica prof.ssa A. Flavel, responsabile didattica sul campo prof. D. Franklin), nell’area del cimitero cristiano o Campo Santo del Lazzaretto Nuovo. Questo cimitero murato sorse probabilmente già durante la presenza religiosa medioevale nell’isola; fu usato durante i periodi più severi della peste tra il XVI e il XVII secolo come fossa comune e poi fino all’epoca napoleonica. Fu quindi inglobato nel terrapieno del bastione militare austriaco, dove si trova in ottime condizioni di conservazione. Occupa un’area esterna alle mura, di circa 25 m x 25 m, sul lato meridionale dell’isola. Dal numero di scheletri, anche se assai frammentati, che sono stati finora individuati, si presume che si trovino depositati in questa struttura almeno 2.500 individui. Inoltre non si sa se ci siano nei terrapieni e zone circostanti altre aree cimiteriali; ad esempio non è stato ancora individuato il limite con il vicino “Campo dei Tripolini” (cimitero musulmano) che da documenti d’archivio sappiamo essere stato vicino e confinante. Gli studi attualmente in corso, che comprendono analisi di laboratorio, istologiche e del DNA particolarmente avanzate, si presentano come una opportunità di grande interesse per capire (da una prospettiva scientifica) un periodo storico ben documentato della storia europea e in particolare di quella veneziana. I risultati del lavoro ci diranno come vivevano i “Veneziani Antichi”, quali erano le loro condizioni di vita e il loro ambiente”.
Interessanti gli studi effettuati sugli individui ritrovati in posizione supina
“Finora gli individui studiati sono stati ritrovati in posizione supina, con la testa orientata verso nord o verso ovest, disposti singolarmente uno accanto all’altro, con pietas cristiana (mani giunte sulla cintura pelvica), in alcuni casi con doppie sepolture (sepolti nello stesso momento). Due terzi sono maschi, per lo più giovani, in buo – na salute al momento della morte, testimoni di una popolazione sana – ha continuato Fazzini – ben nutrita. Molti sembrano sottoposti a lavori pesanti (schiacciamento delle vertebre, ernie a disco anche nei giovani), con denti privi da carie, però spesso usurati forse dall’uso di farine non raffinate. Sono presenti alcuni casi di fratture a seguito di traumi subìti, poi guarite con callo osseo. Le popolazione presenta caratteristiche orientaleggianti, meno europee di quelle odierne. Le condizioni dei resti ossei e dei pochi manufatti (rosari, medagliette devozionali, piccoli oggetti di uso personale) sono in buono stato di conservazione. In queste sepolture multiple non si usava la calce, contrariamente a quanto creduto precedentemente. Vincolata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’isola del Lazzaretto Nuovo è stata oggetto negli ultimi decenni di importanti restauri. All’interno del progetto generale “Per la rinascita di un’isola”, la presenza e l’azione delle associazioni Ekos Club e Archeoclub Venezia hanno reperito e stimolato ingenti investimenti pubblici e privati, con importanti interventi compiuti alle strutture e agli edifici soprattutto da parte del Ministero Beni Culturali e del Magistrato alle Acque. Con i suoi monumenti e testimonianze il Lazza retto Nuovo partecipa oggi al racconto di Venezia, della sua storia, della Laguna e delle isole e svolge anche un importante uso governativo, ospitando un deposito per materiali archeologici di provenienza lagunare della Soprintendenza ministeriale”.
Al Tezon Grande i reperti archeologici più belli emersi come ceramiche, oggetti in osso e bronzo
“L’esposizione museale in Tezon Grande presenta non soltanto i reperti più belli emersi dalle ricerche archeologiche in isola (ceramiche, vetri, monete, sigilli in piombo, oggetti in osso e in bronzo), ma ripercorre anche la vita millenaria che si è svolta in Laguna a partire dai ritrovamenti di anfore di epoca romana in Laguna Nord, illustrando le piccole grandi invenzioni adottate dai veneziani per vivere in un ambiente particolare come quello lagunare; esplora le tradizioni del territorio con imbarcazioni da pesca e strumenti artigiani; racconta com’è fatta Venezia grazie alle collezioni di marmi e oggetti in ferro, frutto di donazioni di alcune botteghe artigiane, e com’erano fatti e vivevano i Veneziani nella sezione antropologica. Il museo ospita inoltre mostre temporanee e prosegue il suo percorso all’aperto, snodandosi fra alberi maestosi, pozzi alla veneziana e cinta muraria ottocentesca. La Laguna di Venezia è la zona umida più importante d’Italia per la fauna acquatica. Al centro della zona più conservata, ricca di biodiversità e attività di pesca e agricoltura, il Lazzaretto Nuovo è ormai diventato oggi un centro propulsore e un avamposto sul campo per istituzioni scientifiche, scuole e realtà del territorio. Entro il recinto storico, il giardino dell’isola ha gelsi secolari posti lungo i viali a raggiera di impianto austriaco, frassini e pioppi, alberi da frutto rinselvatichiti. Il “Sentiero delle Barene” è la passeggiata naturalistica esterna alle mura, che valorizza la dimensione paesaggistica dell’isola. Lungo circa un chilometro, ricalca l’antico “giro di ronda” dei militari. È allestito con il Museo di Storia Naturale di Venezia e dedicato alle “barene”, l’ambiente più particolare dell’ecosistema lagunare oggi a rischio di scomparsa. Fra “ghebi”, piante alofile, boschetti di allori, biancospino, pruni, ligustro, caprifoglio, cannuccia palustre, offre una visuale a 360 gradi di fronte a Venezia,” ha spiegato Fazzini.
Vienna Cammarota, 72 anni, Ambasciatrice di Archeoclub D’Italia, storica camminatrice, arriverà a Pechino. Il tempo di percorrenza sarà da un minimo di 547 giorni ad un massimo di 1.400 giorni. Vienna attraverserà: Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, poi scenderò verso la Turchia, Georgia, Iran. Turkimenistan, Azerbaigian, Uzbekistan, Kirghizistan, Kazakistan, Mongolia ed entrerà in Cina.