Lo shrinkflation è solo l’ultima trovata per scaricare l’aumento dei costi alimentato dalla guerra in ucraina sugli anelli deboli della filiera come consumatori e produttori. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare la decisione dell’antitrust di accendere accende un faro su questa particolare tecnica di marketing attraverso cui le aziende riducono la quantità di prodotto nelle confezioni senza ridurre il prezzi.
Con la guerra – sottolinea la Coldiretti – si moltiplicano speculazioni e pratiche sleali sui prodotti alimentari, che vanno dai tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali alle etichette ingannevoli fino al taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione. Il risultato è che più di 1 azienda agricola su 10 (11%) si trova – continua la Coldiretti – in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo.
Una situazione inaccettabile se si considera che per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea.
Non mancano i tentativi di importare dall’estero prodotti ottenuti secondo criteri di sicurezza al di sotto degli standard nazionali ma già adesso ad esempio è possibile – denuncia la Coldiretti – può nascondere ai consumatori la presenza di olio di palma per effetto della circolare dal Ministero dello Sviluppo economico emanata all’inizio di aprile che consente all’industria alimentare di utilizzarlo in sostituzione di quello di girasole senza indicarlo esplicitamente in etichetta.