Non bastavano inquinamento, malattie e insetticidi: ci sono anche i fungicidi tra le minacce alla sopravvivenza delle api e al ruolo che giocano all’interno dell’ecosistema. Lo ha rivelato una ricerca internazionale pubblicata su Journal of Applied Ecology, coordinata dal Dipartimento Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente dell’Università degli Studi di Milano, a cui hanno partecipato sette differenti istituzioni italiane, tedesche e brasiliane.
La ricerca ha evidenziato che fungicidi come il fenbuconazolo, un anticrittogamico utilizzato in agricoltura e attualmente revocato dal Ministero della Salute, e altri prodotti fungini, seppur in basse dosi, abbiano degli effetti negativi legati agli aspetti comportamentali delle api in accoppiamento.
La ricerca ha preso spunto da studi recenti sulla salute delle api che suggeriscono che dosi subletali di prodotti fitosanitari possono avere effetti negativi sulla riproduzione delle api selvatiche e, in definitiva, sulla crescita della loro popolazione, e ha utilizzato la specie modello Osmia cornuta, usata per rappresentare specie di api solitarie. Dai risultati emerge come i maschi esposti al fungicida hanno avuto meno successo nell’accoppiamento rispetto ai maschi di controllo.
I maschi esposti al fungicida hanno mostrato vibrazioni toraciche ridotte e un’alterazione del profilo idrocarburico cuticolare (composto organico che consente il riconoscimento delle specie) rispetto alle api di controllo. Poiché la variazione delle vibrazioni toraciche e del profilo odoroso dei maschi prima dell’accoppiamento può influenzare l’accettazione femminile dei maschi e, di conseguenza, l’accoppiamento, entrambi gli aspetti sono stati approfonditi in questo articolo.
“Questo studio è un’ulteriore conferma che non solo gli insetticidi, ma anche i fungicidi possono danneggiare le api”, spiega Daniela Lupi, docente di Entomologia alla Statale di Milano. “Inoltre non va trascurato l’effetto delle dosi subletali sul comportamento di accoppiamento: infatti, trattandosi di un effetto secondario, non è facilmente individuabile in campo, ma nel tempo può portare ad una significativa riduzione della popolazione a causa del limitato accoppiamento e conseguente riduzione della prole”.
La ricerca è stata possibile grazie al contributo di Fondazione Cariplo ed è stata realizzata nell’ambito del progetto Api – Gis (di cui la Statale di Milano è capofila), che punta ad individuare strategie per la sopravvivenza delle api in città.