Il caro prezzi taglia la spesa alimentare degli italiani

In controtendenza, volano solo gli acquisti di cibo low cost
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Il caro prezzi taglia la spesa alimentare degli italiani che nel primo mese di guerra risultano in calo di ben il 6% in quantità e dello 0,5% in valore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente“: è quanto emerge dall’analisi Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio al dettaglio a marzo che su base annua fanno registrare una diminuzione esclusivamente per i beni alimentari.

In controtendenza – sottolinea la Coldiretti – volano solo gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +7,6% nelle vendite in valore. Il risultato dei discount – precisa la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo e su beni essenziali“.

Nel mese di marzo infatti si sono registrati aumenti dei prezzi al dettaglio che vanno dal +23,3% dell’olio di semi al +6,2% dei gelati ma ad aumentare sugli scaffali sono stati anche la verdura fresca, con i prezzi in salita del 17,8%, di poco davanti al burro (+17,4%), la pasta (+13%) i frutti di mare (+10,8%), la farina (+10%) la carne di pollo (+8,4%), la frutta fresca (+8,1%), e il pesce fresco (+7,6%),” secondo la top ten degli aumenti stilata dalla Coldiretti su dati Istat.

A cambiare è stata anche la composizione del carrello della spesa segnato da comportamenti emotivi che hanno spinto molti a fare scorta nelle dispense di prodotti, per paura di non trovarli sullo scaffale. Rispetto al calo generale sono infatti aumentati nel mese considerato – precisa la Coldiretti – i volumi di acquisto di alcune categorie di prodotti come zucchero, pasta di semola, farina, riso e l’olio di semi ma anche di conserve di verdure, legumi, carne e pesce che garantiscono una più lunga scadenza“.

Se i prezzi per le famiglie corrono, spinte dal caro energia e dalla guerra, l’aumento dei costi colpisce duramente – precisa la Coldiretti – l’intera filiera agroalimentare, con i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori che non riescono ormai neanche a coprire i costi di produzione. Più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione“.

Uno tsunami che si è abbattuto a valanga sulle aziende agricole con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle aziende agricole. Nelle campagne – continua la Coldiretti – si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli,” secondo lo studio del Crea.

Bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro,” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni“.

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