Scoperta a circa 160mila anni luce da noi quella che parrebbe essere la pulsar più luminosa mai vista. La scoperta, realizzata da un team internazionale di astrofisici e pubblicata ieri su The Astrophysical Journal, è stata resa possibile grazie allo studio della luce polarizzata emessa dalla pulsar stessa. Il nome della sorgente è Psr J0523-7125, una pulsar della Grande Nube di Magellano, dieci volte più luminosa di qualsiasi altra mai rilevata al di fuori della nostra galassia.
I metodi tradizionali per trovare le pulsar setacciano i dati dei telescopi alla ricerca della firma tipica di questi oggetti: un segnale “pulsato”, appunto, dovuto al fatto che – essendo le pulsar stelle di neutroni in rapida rotazione – i fasci di fotoni da esse prodotti spazzano l’universo come farebbe un faro, producendo dunque, per chi le osserva, una luce intermittente. Il problema è che, non conoscendone a priori la temporizzazione, questi lampi possono susseguirsi a un ritmo troppo veloce, o magari troppo lento, per essere colto dai radiotelescopi. Cercando invece una luce polarizzata, spiegano gli autori dello studio, è possibile trovare pulsar al di fuori dell’intervallo di temporizzazione standard.
Ecco così che quell’anonimo puntino luminoso, in apparenza null’altro che una lontana galassia del tutto trascurabile, all’improvviso – grazie all’impiego dei dati in luce polarizzata – ha catturato l’interesse dei radioastronomi del team guidato da Tara Murphy, dell’università di Sydney. Per stabilire se si trattava veramente di una pulsar, però, serviva un radiotelescopio più sensibile dell’Australian Square Kilometre Array Pathfinder: il radiotelescopio MeerKat del South African Radio Astronomy Observatory.
Il 25 agosto 2021 le 64 antenne di MeerKat sono dunque rimaste in ascolto di segnali provenienti dalla regione di universo indicata dal team di Murphy e Yuanming Wang, dottoranda all’università di Sydney e prima autrice di uno studio, raccogliendo dati per due ore e mezza. In seguito, i dati raccolti sono stati inviati ad un giovane ricercatore dell’Inaf di Cagliari (ma originario di Roma): Alessandro Ridolfi, autore di una cosiddetta pipeline per la ricerca di pulsar nei dati di MeerKat.
“La mia pipeline viene utilizzata per la ricerca di pulsar in ammassi globulari, ed essendosi già dimostrata efficace nel trovare decine di pulsar, il team dell’università di Sydney mi ha chiesto se potevo applicarla a questi nuovi dati“, spiega Ridolfi. “In fin dei conti si è trattato un lavoro piuttosto semplice: impiegare i codici che utilizzo normalmente per analizzare i dati degli ammassi globulari raccolti con MeerKat e applicarli al nuovo set di dati per verificare la presenza di pulsazioni. Pulsazioni che in effetti c’erano: una ogni 322 ms, dunque una pulsar relativamente lenta, una caratteristica tipica delle cosiddette pulsar “giovani” – anche se per determinarne l’età saranno necessarie ulteriori misure, così da poter calcolare la variazione del periodo di rotazione nel tempo”.
“A causa delle sue proprietà insolite, la pulsar che abbiamo individuato era stata ignorata da studi precedenti, nonostante la sua luminosità. Questa che abbiamo condotto è la prima ricerca sistematica di emissione polarizzata da pulsar ed è una tecnica con la quale ci aspettiamo ora di trovare altre pulsar”, conclude Murphy,