“Aver isolato il virus ci consente di avere grandi quantità di materiale per poter proseguire studi di genetica e capire le differenze tra questo vaiolo delle scimmie e quello rilevato per la prima volta nel 1958. Ne esistono due varianti – tutte due originatesi in Africa – e una è più pericolosa dell’altra. Fortunatamente sembra che l’epidemia che c’è attualmente in Europa è dovuta al virus meno patogeno“. E’ quanto dichiarato all’ANSA Davide Mileto, microbiologo del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, che ieri ha isolato il ‘monkeypoxvirus‘, responsabile del vaiolo delle scimmie attualmente presente in Europa, insieme alla sua collega ricercatrice Miriam Cutrera.
Un risultato ottenuto dopo 72 ore di lavoro, visto che “il 24 maggio scorso abbiamo fatto la prima diagnosi di questo ragazzo rientrante in Italia da un viaggio all’estero. Siamo partiti subito con i saggi in vitro per isolare il virus – ha raccontato – e ieri abbiamo avuto la conferma“. Adesso, ha spiegato Mileto, si potranno testare dei farmaci antivirali, ad oggi poco disponibili contro questo virus. “Quando raggiungiamo un obiettivo di questo tipo siamo sempre contenti, dietro c’è tanto lavoro – ha commentato – noi siamo partiti un po’ di tempo fa con questi saggi di culture cellulari. Sono piccole soddisfazioni che ci consentono di andare avanti e di fare un po’ di ricerca“.
Gismondo: “non grave ma mancano terapie”
Per Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, il Vaiolo delle scimmie si sta manifestando in una forma non pericolosa “che non minaccia letalità – ha spiegato la microbiologa all’ANSA – se non in casi rarissimi di persone fragili o immunocompromesse“. I sintomi sono pustole doloranti, mal di testa, “qualcuno ha avuto uno-due giorni di febbre alta, altri no“. Ma al momento “non c’è una molecola diretta contro questo virus, anche se qualche antivirale ha mostrato una buona attivitè”, ha proseguito Gismondo sottolineando che ora “potremo saggiare nuove molecole che possono essere efficaci per prevenire la malattia“. Secondo la direttrice del laboratorio del Sacco non è il caso di parlare di vere campagne di vaccinazione. Al massimo somministrazioni “mirate“, per esempio, al personale “che ha avuto un incidente di laboratorio o durante la cura di un paziente. Ma né il numero dei casi né il tipo di malattia – ha ribadito – giustifica una campagna vaccinale“.