Guerra Ucraina, Coldiretti: “a rischio 144,4 miliardi di spesa degli italiani a tavola”

Prandini: "PNRR per ridurre la dipendenza dall'estero"
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La crisi ucraina e i suoi contraccolpi globali hanno messo in evidenza quanto l’Italia sia deficitaria su molti fronti per quando riguarda il cibo ed è costretta ad importare il 73% della soia, il 64% della carne di pecora, il 62% del grano tenero, il 53% della carne bovina, il 46% del mais, il 38% della carne di maiale e i salumi, il 36% dell’orzo, il 35% del grano duro per la pasta e il 34% dei semi di girasole, mentre per latte e formaggi ci si ferma al 16%“: è quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati del Centro Studi Divulga diffusa in occasione dei dati Istat sulla spesa degli italiani che destinano in media per l’alimentazione 470 euro al mese per famiglia tra alimentari e bevande analcoliche. “Un valore che significa complessivamente una spesa alimentare pari a 144,4 miliardi all’anno che – sottolinea la Coldiretti – è messa a rischio dalla crisi determinata dalla guerra in ucraina con accaparramenti, blocchi delle esportazioni e speculazioni che determinano rincari e carenza di alcuni prodotti per i quali l’Italia dipende dall’estero“.

L’obiettivo ora è dunque quello di colmare il nostro deficit agroalimentare a partire da quei settori dove siamo costretti a importare soprattutto a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su dieci” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “in tale ottica il Pnrr rappresenta un’opportunità importante per ridurre la dipendenza dall’estero, aumentare gli ettari coltivati e le rese e rendere più efficienti le filiere, puntando sull’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.

Il rischio – continua Prandini – è anche l’abbassamento delle garanzie qualitative e di sicurezza degli alimenti ma anche la trasparenza dell’informazione ai consumatori, con la richiesta di deroghe alla legislazione vigente, dall’innalzamento dei limiti massimi ai residui chimici presenti negli alimenti introdotta in Spagna per alcuni principi attivi alla richiesta di utilizzo degli ogm non autorizzati, fino alla possibilità di utilizzare olio di palma in sostituzione di quello di girasole senza indicarlo esplicitamente in etichetta, concessa con una circolare dal Ministero dello Sviluppo economico in Italia“.

L’Italia non può accettare passi indietro sulla sicurezza alimentare che mettono a rischio la salute dei consumatori ma anche la competitività del Made in Italy che dal campo alla tavola, vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Alla base del successo del Made in Italy c’è un’agricoltura che è diventata la più green d’Europa con – evidenzia la Coldiretti – la leadership Ue nel biologico con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali e con Campagna Amica la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori“.

Il Belpaese – continua la Coldiretti – è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne“.

La black list della dipendenza dell’Italia dall’estero

Prodotto                 Percentuale di dipendenza dall’estero

  1. Soia                                       73%
  2.  Carne di pecora                   64%
  3. Grano tenero                        62%
  4. Carne bovina                       53%
  5. Mais                                      46%
  6. Carne di maiale e salumi   38%
  7. Orzo                                       36%
  8. Grano duro                           35%
  9. Semi di girasole                   34%
  10. Latte e formaggi                   16%

Fonte: analisi Coldiretti su dati Centro Studi Divulga

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