“Siamo andati in sopralluogo sul torrente Ombrone Pistoiese in Toscana, siamo nella zona dei vivai, dove l’acqua viene utilizzata per sostenere le attività economiche di queste aree di piante ornamentali, invaso a pieno campo. Gran parte utilizzando le risorse sotterranee e superficiali. Il torrente è secco e la crisi idrica si fa sentire al punto da lasciare l’Ombrone un’autostrada di sassi. Poi siamo andati anche sul Serchio, a valle del Ponte del Diavolo. Solo sassi, mentre il fiume in questo momento, dovrebbe essere ricco d’acqua, pesci e biodiversità. Questi sono gli effetti della siccità di quest’anno, ricorrente come quella del 2000. Nelle immagini si nota che siamo sul letto del fiume con una vegetazione secca!”. Lo ha affermato Francesco Stragapede, geologo della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA Aps).
“Oggi abbiamo tenuto una riunione con tutti gli enti che sono nel Contratto di Lago Nemi ed Albano, proprio sull’abbassamento dei livelli. Il Lago di Nemi sta facendo già registrare un abbassamento idrico del 30% – Alessandro Tinelli, geologo, Vice Presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale, sezione Lazio – dato che si è verificato in tutto l’anno 2017. Dunque con ogni probabilità supereremo la crisi di 5 anni fa. Dalle immagini è possibile vedere che le acque si stanno ritirando”.
Scende il Lago Albano, nel Lazio
“Il Lago Albano ha fatto registrare ben 3 milioni di metri cubi in meno in un anno. Eppure le crisi idriche si stanno ripetendo da anni e la quantità di acqua che cade sull’Italia spesso ha valori superiori a quella che cade in alcuni Paesi del nord Europa: dunque l’acqua ci sarebbe ma non la sappiamo né utilizzare – ha dichiarato il geologo Endro Martini, Coordinatore dell’Area Tematica “Contratti di Fiume” della SIGEA Aps – né gestire: noi italiani quelli che hanno dato i natali a Leonardo da Vinci e a Francesco di Assisi.
Abbiamo, 1.242 fiumi ma tutti i nostri corsi d’acqua oggi sono in secca, perché i nostri fiumi hanno un carattere torrentizio, non fluviale come i grandi fiumi europei. Questa mattina mi sono recato sul fiume Burano, a valle della confluenza con il Bosso Si tratta di un fiume che arriva dall’Appennino Umbro – Marchigiano, ricco di sorgenti, di ambienti carbonatici ma era in una situazione davvero seria. Ho visto le formazioni algali.
In Italia se c’è pioggia hanno acqua, se non c’è vanno in secca subito perché anche le nevicate non sono più come prima e quindi le sorgenti (specialmente in Appennino ) che alimentano i fiumi si riducono e così finiamo per avere un minino vitale garantito solo dagli scarichi dei depuratori”.
Poi la troppa acqua non trattenuta. “E poi abbiamo alluvioni improvvise e dannose a causa del cambiamento climatico: questa troppa acqua quando arriva va trattenuta – ha proseguito Martini – derivata, conservata per riaverla quando non c’è. Vi sono oltre 350 laghi tra naturali (in grave crisi e sofferenza come quello di Albano) o dovuti a invasi: le dighe. Oggi queste dighe sono piene di sedimenti e non vengono svuotate, quindi i volumi disponibili sono ridotti.
Riduzione dei volumi disponibili nelle dighe, riduzione delle portate delle sorgenti, riduzione delle piogge nei fiumi: tirare le somme! Non ci sono più investimenti negli schemi idrici dagli anni 60 del Novecento. Pochissimi i fondi pubblici e per l’idropotabile tutto alle risorse della tariffa: dopo il Vajont non sono state più costruite né dighe né invasi. Oggi immagazziniamo circa l’11,% dell’acqua piovana in questi contenitori. Cinquant’anni fa se ne immagazzinava circa il 15%. E poi i tubi che perdono e Piani Regolatori degli Acquedotti rigidi senza interconnessioni, sempre chiusi in un confine regionale se non provinciale”.