Cos’è la sindrome da idrocuzione: attenzione soprattutto al mare o in piscina

Secondo un post virale che circola sui social, i principali sintomi dell'idrocuzione sarebbero ronzii alle orecchie, nausea, senso di freddo improvviso, riduzione del campo visivo e affaticamento, ma c'è altro dietro
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L’idrocuzione consiste in una improvvisa e violenta stimolazione dovuta all’impatto della cute con acqua fredda, come ad esempio quando ci si tuffa in mare dopo essere stati a lungo sotto al sole, e la conseguenza più grave può essere una drastica riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. In alcuni, il soggetto che ne è colpito, può perdere coscienza o vomitare.

Come spiega l’Italian Academy of Rescue and Resuscitation (IARR)su proprio sito web, secondo il dottor Riccardo Ristori, medico del 118 di Livorno ed esperto nell’annegamento, “per inquadrare il fenomeno dell’idrocuzione basta ricorrere ai libri di medicina di vent’anni fa, in cui veniva definita come una sincope (svenimento) da immersione rapida in acqua fredda che poteva portare anche ad arresto cardiorespiratorio o annegamento. Questo termine è ancora possibile trovarlo in alcuni testi, nei vocabolari e negli articoli nostalgici come quelli che girano in questi giorni. L’ipotetico meccanismo che condurrebbe all’idrocuzione sarebbe legato alla “vasocostrizione da immersione in acqua fredda che provocherebbe dei riflessi (ma nessuno dice quali) a livello del tronco dell’encefalo che condurrebbero ad arresto cardiorespiratorio“. In altri poco saggi testi l’idrocuzione viene affiancata a una più moderna fantasia, definita “shock termico”, ma questo tipo di shock non esiste in medicina, mentre è piuttosto utilizzato dagli idraulici per stabilizzare i riscaldamenti a pavimento delle case”.

Secondo un post virale che circola sui social, i principali sintomi dell’idrocuzione sarebbero ronzii alle orecchie, nausea, senso di freddo improvviso, riduzione del campo visivo e affaticamento: secondo Ristori “si tratta di sintomi che tutti noi abbiamo provato nella vita in caso di abbassamento della pressione, che come tutti sappiamo noi che studiamo l’idrodinamica, non possono avvenire in acqua perché la pressione idrostatica non lo consente. Quello che succede realmente è definito nel termine “shock da freddo” (cold shock): affinché possa essere innescato tramite attivazione de nervo trigemino, l’immersione deve essere accidentale, avvenire di faccia e l’acqua deve essere al di sotto dei 10 gradi, anche se è più inducibile in acque con temperature al di sotto dei 5 gradi, ma non è mai stato correlato a elevate temperature corporee e ambientali“.

Secondo la IARR, società scientifica riconosciuta dal Ministero della Salute che ha l’obiettivo di diffondere la cultura del soccorso e della sicurezza a favore della Comunità, con particolare riferimento alla prevenzione degli incidenti in ambito acquatico, “un modo autentico e semplice per ridurre il rischio di annegamento è immergersi solo quando le proprie condizioni fisiche e ambientali lo consentono, mentre i bambini devono essere costantemente sorvegliati a distanza di un braccio, preferibilmente portandoli a frequentare luoghi dove è assicurato un servizio di salvataggio“. Se, nonostante queste precauzioni, dovesse comunque occorrere un incidente, è “necessario conoscere le manovre di rianimazione e allertare prontamente il servizio medico sanitario d’emergenza 118. Per i semplici cittadini sarebbe utile frequentare un corso di primo soccorso e per gli operatori professionali essere sempre aggiornati nel proprio addestramento e utilizzare presidi sanitari idonei ed efficienti come la bombola di ossigeno ricaricabile e il pallone autoespansibile con reservoir, elementi ritenuti indispensabili dallo stesso Ministero della salute in caso di assistenza a vittime da sommersione“.

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