USA, inflazione annua all’8,6%: record dal 1981. Tonfo delle borse di tutto il mondo, si salva solo la Russia

USA, inflazione record da oltre 40 anni. Tonfo delle borse di tutto il mondo, crolla l'euro mentre in controtendenza continua a rinforzarsi il Rublo russo
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L’inflazione degli Stati Uniti d’America galoppa e vola a maggio all’8,6% su base annua, ai massimi degli ultimi 40 anni. L’indice core, al netto di energia e alimentari e quello monitorato dalla Fed, ha segnato un aumento dello 0,6% su base mensile e del 6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Cibo, gas e beni rifugio hanno dato il maggior contributo all’avanzamento dell’inflazione, che ora mette sotto pressione Biden e la Fed. Era dal 1981, esattamente 41 anni fa, che negli USA non si registrava un tasso di inflazione così pesante.

I prezzi energetici sono cresciuti del 3,9% e quelli alimentari sono saliti dell’1,2%. Il Dipartimento del Lavoro ha dichiarato che l’aumento dei prezzi ha interessato tutti i settori, con “gli indici delle abitazioni, della benzina e dei prodotti alimentari che hanno contribuito maggiormente“. In particolare i prezzi dell’energia sono aumentati del 34,6% rispetto all’anno precedente, registrando il maggiore incremento dal settembre 2005. I prezzi dei generi alimentari hanno registrato il maggior incremento dal marzo 1981, pari al 10,1% su base annua.

Le borse di tutto il mondo sono oggi in profondo rosso a causa del rialzo dei tassi annunciato ieri dalla Bce e del nuovo record di inflazione Usa. Wall Street ha aperto in deciso calo con il Dow Jones che adesso perde il 2,36% e il Nasdaq addirittura il 3,07%. Le Borse europee estendono le perdite dopo il dato Usa scendendo di oltre il 2%. In particolare Piazza Affari crolla di oltre il 5% trascinata dai bancari in profondo rosso. L’euro arretra ancora a 1,055 dollari. Questi dati dovrebbero contribuire a convincere la Fed a inasprire ulteriormente i tassi di interesse la prossima settimana, in occasione della riunione del Fomc. La leva principale della banca centrale è quella di frenare la domanda dei consumatori e delle imprese, attraverso l’aumento dei tassi di interesse. Li ha già aumentati due volte, di un quarto di punto e poi di mezzo punto, portandoli a un intervallo compreso tra lo 0,75 e l’1,00%. Ieri il segretario al Tesoro Usa Janet Yellen davanti alla Camera dei Rappresentanti ha sottolineato che l’attuale inflazione all’8% “è inaccettabile” per gli Stati Uniti e un obiettivo del 2% per la Fed è un “obiettivo appropriato“. Yellen ha ammesso di aver sottovalutato l’inflazione, lo scorso anno. “Mi sono sbagliata“, ha detto in diverse occasioni, “ci sono stati ampi e inaspettati shock per l’economia che hanno spinto in rialzo i prezzi dell’energia e dei generi alimentari, e colli di bottiglia che hanno duramente colpito la nostra economia che all’epoca non avevo pienamente capito“. Il segretario al Tesoro ha aggiunto che è importante continuare a ridurre il deficit nell’attuale contesto inflazionistico e che una recessione negli Stati Uniti è improbabile ma il rischio c’è.

Mosca in controtendenza: la Russia si rinforza

In questo contesto, paradossalmente in controtendenza c’è solo la Russia di Putin. Oggi, infatti, la Banca centrale russa a sorpresa ha annunciato il taglio dei tassi d’interesse per riportarli ai livelli precedenti all’inizio dell’invasione in Ucraina. Una scelta di tempo che non sembra casuale: proprio mentre in Europa e in Usa (avversari dichiarati di Mosca) il costo del denaro sale scatenando l’uragano sui mercati, le autorità del Cremlino si muovono in direzione opposta dando una chiara dimostrazione di forza. Oggi la Banca centrale russa ha tagliato il suo tasso di interesse di riferimento per la quarta volta dall’inizio di aprile e ha dichiarato che sono possibili ulteriori riduzioni se l’inflazione continua a diminuire. Nel dettaglio, la Bank of Russia ha abbassato il tasso di interesse di riferimento al 9,5% dall’11%, riportando i tassi al livello a cui era quando è iniziata la guerra in Ucraina.

Una maniera per dimostrare che le sanzioni non mordono e confermare l’infondatezza delle voci di dissenso di Elvira Nabiullina, governatrice centrale di Mosca rispetto alle decisioni del governo. Secondo la Bank of Russia, infatti, la situazione economica non è così grave come sembra. Per dimostrarlo mette in evidenza la forza del Rublo che nonostante la riduzione del costo del denaro ha ripreso quota sul dollaro guadagnando il 4% a quota 56,58. Tre mesi fa, all’indomani dello scoppio della guerra sembrava che la moneta russa dovesse dissolversi: il 10 marzo un Rublo valeva 140 Dollari, oggi meno di 57 Dollari: la valuta russa è diventata fortissima dopo l’ultimatum del Cremlino che ha imposto alle compagnie internazionali di aprire un conto in rubli per pagare le forniture energetica.

Difficile, in queste condizioni mantenere l’efficacia delle sanzioni. I trader non vedono più la moneta russa come oggetto di libero scambio e in questa situazione, eliminando le misure di controllo dei capitali senza una normalizzazione delle relazioni con l’Occidente, la moneta potrebbe collassare causando grossi problemi per l’economia. Sembrerebbe, dunque, questa la ragione per cui la Banca centrale russa starebbe cercando adesso, almeno in parte, di rallentare i guadagni del Rublo per poi farlo risalire. Condizionato anche dalla previsione di un allentamento monetario più profondo, ma adesso sta rispondendo in modo completamente opposto. Pur riconoscendo che il contesto esterno rimane “impegnativo e limita significativamente l’attività economica”, il consiglio della Banca centrale russa ha dichiarato che “l’inflazione sta rallentando più velocemente e il declino dell’attività economica è di entità inferiore”, rispetto a quanto previsto ad aprile.

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