L’Euro crolla ai minimi da sempre, nuovo balzo per i prezzi di Gas e Petrolio. Tracollo per le borse europee | LIVE

E' una giornata drammatica per il sistema economico e finanziario occidentale: l'Euro crolla ai minimi da sempre, è una mazzata per le importazioni e quindi per i prezzi di Petrolio e Gas. Borse in profondo rosso: i mercati bruciano miliardi
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E’ una giornata drammatica per il sistema economico e finanziario occidentale. L’Euro crolla nei mercati valutari internazionali, toccando il suo minimo storico da quando è stato istituito, esattamente 20 anni fa. La moneta unica europea cede l’1,4% sul dollaro al punto che adesso sono numerosi gli analisti pronti a scommettere che la valuta unica europea raggiungerà la parità con il biglietto Usa. Sui mercati l’Euro passa di mano a 1,0253 Dollari con un ribasso dell’1,5%, un dato senza precedenti nella storia. “La parità è solo una questione di tempo” spiega, a Bloomberg, Neil Jones, capo del comparto valute a Mizuho. Secondo le stime raccolta dall’agenzia le chance di una parità entro fine anno sono salite al 60%. L’acuirsi del rallentamento dell’economia europea indurrà la Bce a una maggiore cautela nel rialzo dei tassi, aumentando il differenziale rispetto agli Usa.

Il crollo dell’Euro sta mandando k.o. le borse europee: in profondo rosso piazza Affari dove, tra i titoli principali, Leonardo perde il 7%, Eni il 5%, Generali, Poste, BPER e BPM perdono il 4%, Telecom il 3%, in un contesto ribassista che prosegue da ormai 5 mesi. Ma i timori più grandi arrivano per l’aumento ulteriore del costo del petrolio dovuto al crollo dell’Euro. Infatti il prezzo originario del petrolio è oggi in lieve aumento con il Brent a 113,80 dollari al barile e i future sul Wti che salgono dell’1,91% a 110,50 dollari al barile. Ma l’Euro così debole fa impennare notevolmente il prezzo in Europa, dove importiamo il petrolio e lo paghiamo scambiando euro in dollari: a parità di costo in dollari al barile, adesso paghiamo molto di più rispetto a qualche mese fa. Ecco perché il prezzo alla pompa aumenta anche quando il Brent scende: non è una speculazione dei gestori delle stazioni di servizio, ma l’effetto dell’attuale debolezza dell’Euro, mai così fragile nella storia sui mercati valutari internazionali. Emblematico il grafico di seguito, che mostra l’andamento del prezzo del barile di petrolio in dollari (linea viola), il tasso di cambio euro-dollaro (in giallo) e il prezzo del petrolio in euro (libea bianca). Siamo ai massimi della storia.

andamento prezzo petrolio euro

Intanto la seduta odierna è caratterizzata da un’alta volatilità sui prezzi del Petrolio: gli operatori si barcamenano tra le preoccupazioni di una recessione globale e i timori per l’approvvigionamento globale, resi più forti dallo sciopero dei lavoratori offshore in Norvegia che determinerà un drastico calo della produzione nei prossimi giorni. Oggi, infatti, i lavoratori offshore norvegesi hanno iniziato uno sciopero che ridurrà la produzione di petrolio e gas: secondo il produttore Equinor, il calo sarà di 89.000 barili di petrolio equivalente al giorno (boepd), di cui 27.500 boepd di gas. Un’altra tegola che sta facendo nuovamente impennare anche il prezzo del Gas che all’hub olandese Ttf stamani ha toccato un massimo ad oltre 175 euro, e adesso si attesta a 170,495 euro, in progressione del 4,637% nelle ultime 24 ore. Lo sciopero dei lavoratori del settore petrolifero e del gas minaccia di tagliare le esportazioni di gas dalla Norvegia di quasi il 60%: lo fa sapere il gruppo imprenditoriale Norwegian Oil and gas Association, precisando di essere stato costretto a chiudere già tre giacimenti e che, se lo sciopero continuerà, le esportazioni di gas della Norvegia dovrebbero essere ridotte di oltre la metà entro sabato e di più di 340.000 barili di petrolio grezzo. “Quasi il 60% delle esportazioni di gas dalla piattaforma continentale norvegese sarà influenzato dall’azione di sciopero se sarà ulteriormente intensificata“, afferma il gruppo.

prezzi gas europa

Intanto proseguono in Italia gli stoccaggi di Gas naturale pur con i prezzi elevati registrati dal metano per le consegne in agosto, che hanno raggiunto la soglia dei 168 euro al MWh (+3,1%) sulla piazza di Amsterdam. Con importazioni totali per 242,256 milioni di metri cubi e 9,09 milioni di produzione nazionale, in crescita rispetto a una media giornaliera poco sopra gli 8 milioni, vengono iniettati oggi nei depositi 88,505 milioni di metri cubi di metano. Quanto ai Paesi importatori, si conferma in testa l’Algeria (64,26 milioni di metri cubi), seguita dalla Russia (47,01 milioni), dal Nord Europa (43,139 milioni) e dall’Azerbaijan (28,84 milioni). Seguono i rigassificatori di Cavarzere (Rovigo), con 26,8 milioni, Livorno, con 14,26 milioni e Panigaglia (La Spezia) con 9,29 milioni di metri cubi. I consumi stimati per oggi sono di 139,76 milioni di metri cubi, mentre la quota destinata alle esportazioni e alle reti di terzi è di 23,07 milioni.

L’Unem: “crisi energetica è nata prima della guerra in Ucraina, dall’Unione Europea approccio ideologico estremamente pericoloso”

La crisi energetica, che sta colpendo l’Europa molto più degli Stati Uniti, nasce prima” dell’invasione russa dell’Ucraina “perché l’Europa ha trascurato la sicurezza energetica preferendo un approccio ideologico ed estremamente pericoloso“. Lo ha detto il presidente di Unem, Claudio Spinaci nel corso dell’assemblea dell’associazione osservando che non si tratta di una crisi “congiunturale ma strutturale“. “Alla base di questi repentini aumenti – ha dichiarato – gli squilibri preesistenti tra la domanda e l’offerta di energia che hanno rivelato tutte le fragilità della politica energetica dell’Europa che si è scoperta incapace di garantire approvvigionamenti sicuri e competitivi. Non si tratta di un problema congiunturale, come molti hanno sostenuto, ma strutturale e dunque richiede risposte di natura non solo emergenziale, ma soprattutto politiche di lungo termine che guardino con più attenzione al tema della sicurezza energetica, colpevolmente trascurata in questi ultimi anni“. Le maggiori tensioni, ha ricordato Spinaci, “in una prima fase, hanno riguardato soprattutto il gas naturale il cui prezzo in Europa già a fine 2021, dunque ben prima della crisi Russia-Ucraina, era cresciuto di oltre il 400% rispetto a dicembre 2019, con aumenti più contenuti, ma comunque significativi, per petrolio (+24%) e carbone (+122%). Con la crisi Ucraina è partita una nuova fase che ha inciso in modo più evidente sul petrolio, il quale ha raggiunto livelli record nonostante le attese per un rallentamento della domanda legato alla guerra ed alla ripresa della pandemia in Cina. Il Brent l’8 marzo ha toccato i 128 dollari/barile contro i 75 medi del secondo semestre 2021 (+70%), ripiegando nelle settimane successive ma oscillando costantemente nella forchetta 105-120 dollari/barile“.

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