Da oggi è possibile stampare sensori inerziali con processi di manifattura additiva, riducendo così tempi di produzione e costi. I sensori inerziali sono dispositivi in grado di catturare il movimento di un oggetto, definendone la posizione nello spazio e le accelerazioni-decelerazioni a cui è sottoposto.
Lo studio è stato da poco pubblicato sulla rivista Additive Manufacturing da parte di un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano e dimostra la possibilità di utilizzare una combinazione di tecniche di stampa per la produzione di accelerometri su scala millimetrica, tipicamente utilizzati nelle misurazioni dell’accelerazione a seguito di urti, movimenti, impatti o vibrazioni. I dispositivi sviluppati utilizzano come materiale attivo del sensore inerziale un piezo-polimero in grado di generare una corrente elettrica quando deformato.
È stato realizzato per la prima volta un sensore inerziale completamente stampato senza l’impiego di tecnologie tradizionali di tipo litografico e sottrattive. Questo grazie alla combinazione della stampa stereolitografica 3D (processo in grado di fabbricare oggetti di forma tridimensionale grazie all’interazione tra una resina liquida e un fascio laser) di una resina termicamente stabile per le componenti che costituiscono la struttura del sensore, con la stampa inkjet di un copolimero a base di PVDF (una combinazione di polivinilidenfluoruro PVDF con trifluoroetilene) con proprietà piezoelettriche e di piste conduttive a base di argento per la rilevazione del segnale elettrico.
I sensori prodotti hanno evidenziato la capacità di rilevare vari livelli di accelerazione (fino a valori di 10 g, dieci volte il valore di accelerazione nel campo gravitazionale terrestre), ad esempio con applicazioni nei sistemi di guida autonoma o in dispositivi elettronici portatili, con risposte in frequenza in ottimo accordo con quanto definito dalla simulazione del funzionamento dei dispositivi sulla base del design e delle caratteristiche dei materiali utilizzati.
I risultati ottenuti sono una prima testimonianza di come i processi di manifattura additiva possono essere impiegati per la produzione di sistemi microelettromeccanici (MEMS) alla mesoscala, capaci di coniugare proprietà meccaniche e proprietà elettriche, sfruttando materiali polimerici come alternativa al silicio e ai processi di microlavorazione.
Lo sviluppo di nuovi materiali e la sinergia tra tecniche innovative di stampa possono essere la via per lo sviluppo di nuovi dispositivi e soluzioni per la rilevazione delle variazioni di grandezze dell’ambiente circostante (non solo l’accelerazione di un oggetto, ma anche ad esempio la variazione della temperatura o della pressione) introducendo ed esplorando nuovi design, con riduzione dei tempi e costi di produzione, e ponendosi come una possibile alternativa per rispondere alla forte domanda di sensori smart a basso costo da diversi settori industriali e dall’Internet of Things (IoT).
Il dispositivo è stato realizzato e caratterizzato nel laboratorio interdipartimentale MEMS&3D del Politecnico di Milano nel quale convergono le competenze di gruppi di ricerca da quattro dipartimenti (di Ingegneria Civile e Ambientale, di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica “Giulio Natta”, di Elettronica, Informazione e Bioingegneria e di Meccanica).
Il laboratorio MEMS&3D si occupa da diversi anni di progettazione, modellazione, caratterizzazione e utilizzo di micro e nano-sistemi elettro-meccanici (MEMS e NEMS), costituendo anche un primo esperimento per l’impiego di tecnologie di fabbricazione additiva per la realizzazione e la personalizzazione di dispositivi funzionanti e di dimostratori appositamente progettati e realizzati.