Quando il Double Asteroid Redirection Test (DART) andrà a impattare contro il piccolo asteroide Dimorphos, diventerà ufficialmente il primo tentativo di dimostrare la nostra capacità di deviare pericolosi asteroidi in arrivo.
Per decenni, scienziati di tutto il mondo hanno scrutato il cielo alla ricerca di asteroidi potenzialmente pericolosi nelle vicinanze della Terra. Poiché gli astronomi scoprono un numero sempre maggiore di asteroidi “near-Earth”, l’attenzione ora si sposta su metodi di protezione della Terra, nel caso in cui dovesse essere scoperto un asteroide in rotta di collisione. Una tecnica è la forza bruta e, per testarla, DART si scontrerà con Dimorphos, largo 170 metri, alle 01:14 ora italiana del 27 settembre.
Dimorphos e Didymos
Dimorphos è parte di un sistema binario con un altro asteroide, Didymos, largo 780 metri: ciò lo rende il bersaglio ideale. Il cosiddetto “impatto cinetico” di DART altererà l’orbita di Dimorphos attorno a Didymos e, poiché le due rocce sono legate gravitazionalmente, non c’è alcuna possibilità che l’impatto possa mandare alla deriva accidentalmente Dimorphos attraverso lo Spazio.
L’esperimento segna un cambio di passo per la NASA, che fino ad oggi ha concentrato la sua attenzione sulla scienza.
La storia di DART
La storia di DART è iniziata 20 anni fa, quando gli scienziati dell’Agenzia Spaziale Europea iniziavano a considerare una missione di impatto cinetico chiamata “Don Quijote” (dal nome dell’omonimo cavaliere nel famoso romanzo spagnolo). Sebbene quella particolare missione non sia mai stata attuata, nel 2011 i rappresentanti della NASA e dell’ESA hanno discusso di una potenziale missione di deflessione congiunta chiamata AIM (Asteroid Impact Mission). Questa si è evolute in due missioni indipendenti ma collegate: DART e la missione Hera dell’Agenzia Spaziale Europea, che seguirà DART, visitando Didymos e Dimorphos nel 2026 per osservare le conseguenze dell’impatto e condurre uno studio scientifico del sistema.
DART e il futuro della difesa planetaria
Se DART dovesse avere successo, gli scienziati planetari lo considerano solo l’inizio dei nostri sforzi per imparare a difendere la Terra da pericolosi asteroidi. Oltre al metodo di impatto, si potrebbe testare quella della trazione, posizionando un grande veicolo spaziale accanto a un asteroide: il primo, sebbene piccolo rispetto alla roccia, avrebbe una gravità sufficiente per attirare l’asteroide verso di sé. Azionando un motore a ioni, sarebbe in teoria in grado di allontanare l’asteroide da una rotta di collisione con la Terra. In alternativa, anche la spinta di un motore ionico potrebbe allontanare un piccolo asteroide dalla Terra. Oppure i riflettori solari posti sulla superficie di un asteroide potrebbero usare la luce della nostra stella per allontanare la roccia spaziale.
Tuttavia, mentre questi metodi di deflessione dovrebbero funzionare per asteroidi più piccoli in scala Dimorphos, lo spostamento di oggetti più grandi richiederà uno sforzo maggiore: in questo caso si considera persino l’opzione nucleare.
Gli astronomi prevedono che ci siano circa 25mila oggetti di grandi dimensioni che attraversano l’orbita terrestre. Di quelli più grandi di 1 km di diametro, che potrebbero minacciare la civiltà in caso di impatto, circa il 97% è stato scoperto. Per quanto riguarda quelli più piccoli, larghi 140 metri o più grandi e che potrebbero causare danni regionali significativi in caso di collisione con la Terra, finora è stato scoperto circa il 42%. Nessuno è in rotta di collisione con la Terra, almeno non nel prossimo secolo o giù di lì.
Occhi puntati su DART
Per ora, tuttavia, tutti gli occhi sono puntati su DART e sul suo appuntamento con Didymos e Dimorphos il 27 settembre. Se la missione funzionerà come pianificato – ancora un grande “se” – allora ci darà la certezza che gli umani hanno sviluppato un metodo per proteggere la Terra.