Le piante con effetti stupefacenti venivano usate già in epoca preistorica

Pubblicato su Scientific Reports, lo studio su un sito sommerso nel lago di Bracciano è stato condotto dai ricercatori dell’Università di Pisa, del Museo delle Civiltà di Roma e della Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma
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Un falcetto per tagliare il grano proveniente da La Marmotta, un sito sommerso nel lago Bracciano, testimonia il probabile uso di piante con effetti stupefacenti già in epoca preistorica. La notizia arriva da uno studio pubblicato su Scientific Reports e grazie ad un progetto diretto da ricercatori dell’Università di Pisa, del Museo delle Civiltà di Roma e della Escuela Española de Historia y Arqueología en Roma.

L’analisi ha riguardato tre falcetti eccezionalmente conservati e completi di denti in selce e di mastice utilizzato per fissare le lame. Dall’esame è risultato che i manici erano fatti in legno di quercia e di una pianta della famiglia Maloideae (probabilmente un albero da frutto), mentre per il mastice è stata usata resina di pino mescolata con polvere di carbone. Lo studio delle usure presenti sui denti in selce ha poi confermato che gli strumenti furono principalmente usati per tagliare grano domestico, probabilmente raso suolo, per poter raccogliere l’interezza della paglia.

I tre falcetti in studio
I tre falcetti in studio

Ma la sorpresa è stata che inglobato nel mastice di uno dei falcetti è stato trovato il polline di una pianta del genere Oenanthe. “Si tratta di specie acquatiche che hanno la particolarità di contenere sostanze neurotossiche, simili alla cicutossina della Cicuta virosa. Queste piante, a lungo utilizzate a scopo medicinale in Asia, se consumate fresche ed in piccole quantità, possono produrre uno stato mentale simile all’ubriachezza, ma anche provocare nausea, vomito e convulsioni” afferma Daniele Arobba, palinologo del Museo Archeologico del Finale che ha collaborato nel progetto.

Immagini al microscopio dei legni in analisi
Immagini al microscopio dei legni in analisi

Sebbene sia possibile che il polline possa essersi infiltrato successivamente all’abbandono dei manufatti nelle acque del lago è possibile pensare che i falcetti, o almeno uno dei essi, oltre a tagliare i cereali, fosse utilizzato per raccogliere occasionalmente altre piante per uso medico-terapeutico o stupefacente”, spiega Niccolò Mazzucco ricercatore Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, rientrato in Italia dopo oltre dieci anni all’estero grazie al programma ‘Rita Levi Montalcini’ del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Non dimentichiamo del resto – continua Mazzucco – che in questo stesso sito sono state trovate le capsule d’oppio domestico più antiche d’Europa”.

Immagine del sito in corso di scavo

Il villaggio sommerso La Marmotta continua così ad arricchire con nuovi particolari il racconto dell’arrivo delle prime popolazioni di agricoltori e pastori in Italia ed in Europa, circa 7500 anni fa. Grazie all’eccezionale conservazione dei manufatti e, soprattutto, dei reperti organici, il sito contiene infatti reperti molto rari, tra cui cinque piroghe in legno, resti di cibo, frammenti di cesti, intrecci in fibre vegetali e strumenti lignei di natura diversa. Tra questi, ben 52 falcetti in legno, tra i più antichi ed i meglio conservati d’Europa. Si tratta dei primi strumenti utilizzati per la raccolta dei cereali in Italia e di cui grazie a questo studio si conoscono adesso più in dettaglio fattura ed uso.

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