L’isola dei Serpenti è stata il simbolo della guerra in Ucraina: l’avamposto militare che garantisce il controllo del mar Nero era stato dapprima conquistato dalla Russia, poi riconquistato dall’Ucraina con tanto di celebrazioni per gli eroici soldati che l’hanno difesa. L’Ucraina ha emesso un francobollo dedicato al soldato che ha difeso l’isola: il francobollo si chiama “Russian Warship Go F**k Yourself!” ed è dedicato al soldato che ha risposto “vai a farti fottere” all’ammiraglia russa Moskva che, nel primo giorno della guerra, lo invitava ad arrendersi. Il francobollo ha raggiunto quotazioni record sul mercato numismatico e l’isola dei Serpenti, estremità Sud/Occidentale dell’Ucraina non lontana dalla costa della Romania, è diventata nell’immaginario mondiale il simbolo della guerra.
Adesso è grande il timore che possa essere il teatro del più disastroso risvolto possibile del conflitto, e cioè l’utilizzo della bomba atomica da parte di una Russia in difficoltà.
Pietro Batacchi: “situazione difficile, sono molto preoccupato. Bomba atomica tattica avrebbe effetti analoghi a quella di Hiroshima”
“Con l’attuale situazione sul campo, che è una situazione di grande difficoltà per la Russia, se gli ucraini dovessero portare ancora più in profondità le loro controffensive, non si può escludere l’utilizzo dell’arma nucleare. Purtroppo il 24 febbraio ci ha messo in una situazione non buona e ad oggi decisamente peggiore rispetto all’inizio del conflitto“. E’ l’analisi che Pietro Batacchi, direttore di Rid, la Rivista Italiana Difesa, fa all’Adnkronos sui rischi di un utilizzo della bomba atomica in Ucraina. “La minaccia in questo momento ha una funzione deterrente – spiega – Certo, se a un certo punto non funziona più, può anche prodursi una situazione tale per cui si può pensare a un utilizzo di una atomica tattica che avrebbe comunque effetti circoscritti. Nella dottrina militare russa l’atomica tattica serve a riequilibrare il gap, la sproporzione convenzionale che è favorevole alla Nato“. E sugli effetti, dice: “L’impatto distruttivo sarebbe nel complesso circoscritto, in paragone a quella di Hiroshima. E’ ovvio che prima di questo step dell’atomica ce ne sarebbe un altro, sempre drammatico, che è quello dell’uso delle armi chimiche che sono state utilizzate anche in Siria su scala molto più ridotta. Potrebbe essere un antipasto, ma ha il vantaggio che non ci sarebbero effetti a lungo termine considerato che i gas scadono quasi subito nell’aria. Purtroppo la situazione è questa ed è molto peggiore di febbraio o marzo scorso, personalmente sono molto preoccupato“.
Il generale Leonardo Tricarico: “attenzione a sfidare Putin, non è un gioco a poker, è verosimile che usi le armi nucleari”
“Ormai è a tutti evidente che siamo a un punto di svolta che potrebbe comportare degli scenari molto preoccupanti. Il punto a cui siamo giunti meriterebbe una riflessione interna e internazionale per valutare se l’atteggiamento che abbiamo nei confronti di questa guerra, se la nostra visione debba essere quella messa a punto a suo tempo o se non debba essere attualizzata“. Lo dice all’Adnkronos il generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Icsa. E sulla minaccia nucleare spiega: “E’ un fatto che Putin ha detto a tutto il mondo che riterrà un attacco alle quattro regioni annesse un attacco alla Russia e quindi ricorrerà a qualsiasi mezzo. Sappiamo – dice – quali sono i mezzi che Putin ha e che sullo sfondo c’è l’armamento nucleare di cui ha paventato fin dall’inizio l’utilizzo. Oggi più di ieri e dell’altro ieri è verosimile che Putin, non avendo altre risorse di alcun tipo, possa ricorrere a questa arma e non bisogna sfidarlo quasi fosse un gioco a poker su questo campo, ma vedere quale posizione assumere rispetto a questa guerra, se quella che abbiamo adottato è quella giusta, e io personalmente ritengo di no, o se non ci siano altri comportamenti compatibili che ci mettano al riparo dalle minacce di Putin e ci consentano però di aiutare l’Ucraina a mantenere la sua integrità territoriale, perché questo è un punto fermo“.
Il generale Giorgio Battisti: “Putin può usare la bomba nucleare sull’isola dei Serpenti, nel mar Nero, per dare un segnale forte e chiaro a tutto il mondo”
“Il conflitto sul terreno prosegue con questa offensiva dell’Ucraina sia nelle due regioni del Donbass sia a sud-est verso Kherson. La progressione procede ma con una maggiore lentezza, essendo riusciti i russi a far affluire rinforzi per cercare di tenere il fronte e quei territori che hanno occupato. E’ poi iniziato l’autunno, con le grandi piogge che rendono difficoltosi gli spostamenti dei mezzi rotati ucraini. L’impiego dell’arma atomica è stato ventilato, sarebbe però un controsenso, oltre che un autogol, avendo Putin annesso quei territori“. A delineare lo scenario del conflitto in Ucraina è all’Adnkronos il generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato Atlantico Italiano. “Rimane sempre il dubbio che – spiega – come previsto comunque dalla dottrina militare russa, il lancio di armi nucleari possa servire per condizionare la capacità di risposta militare dell’avversario. Il segretario generale della Nato ha affermato che, in caso di lancio di una arma nucleare russa, la risposta, ancorché convenzionale, sarebbe devastante per il tenore dell’attacco ed è la prima volta che l’Alleanza atlantica è così drastica. Rimane sempre il dubbio che, trovandosi in difficoltà, Putin possa lanciare l’arma su un’isoletta deserta del Mar Nero, come l’Isola dei Serpenti oggetto di aspri combattimenti nei primi mesi del conflitto, per dare un segnale forte a tutta la comunità internazionale che la Russia intende portare avanti gli scopi che hanno avviato questo disastroso conflitto“. E conclude: “Ritengo che questa minaccia delle armi nucleari serva anche a tenere sempre alta l’attenzione e la preoccupazione da parte dei governi occidentali, forse indirettamente anche a rallentare l’afflusso di armi occidentali all’Ucraina, per cercare di superare l’inverno anche grazie alle piogge che stanno già rendendo il terreno delle operazioni fangoso“.
Francesco Sisci: “aumenta la tensione anche in Asia, molto probabile test nucleare della Corea del Nord”
“Mentre l’uso dell’arma nucleare tattica russa in Ucraina mi sembra altamente improbabile, un nuovo esperimento nucleare nordcoreano non è invece così improbabile“. Lo dice all’Adnkronos Francesco Sisci, sinologo e profondo conoscitore delle dinamiche asiatiche, mentre “aumenta la tensione” intorno alla Corea del Nord, che ieri ha lanciato un missile balistico che ha sorvolato il Giappone. L’ultima volta era accaduto nel 2017. Ora crescono i timori che Pyongyang si stia preparando al settimo test nucleare, il primo da cinque anni. Al lancio di ieri Usa e Corea del Sud hanno subito risposto effettuando un’esercitazione con un “bombardamento di precisione“. Oggi, secondo lo Stato Maggiore sudcoreano, Stati Uniti e Corea del Sud hanno lanciato quattro missili Atacms, nell’ambito della seconda esercitazione nell’arco di 24 ore. “Si ricrea una situazione imbarazzante” per la Cina, che – osserva Sisci – “non può sostenere questa escalation nordcoreana, ma neanche lasciare la Corea del Nord da sola” perché “questo le scoprirebbe un fianco“. Quindi, prosegue nella sua analisi, “si riproduce uno scenario simile, ma in qualche modo ancora peggiore di quello ucraino” dove la Cina “già si è trovata tra incudine e martello, a non poter abbandonare la Russia, ma nemmeno a poterla sostenere“.
A chi serve la tensione? “Certamente i nordcoreani sono noti ‘troublemaker’“, ma sono anche “calcolatori del rischio“, ragiona ancora Sisci, secondo il quale “è possibile che abbiano avuto sponda a Mosca” perché con la Russia in una “posizione così difficile in Ucraina” questa “nuova difficoltà” nella regione serve a “distrarre“. “Vediamo chiaramente un trend di rapporti” tra Mosca e Pyongyang, osserva anche con un riferimento alle notizie delle forniture di armi dalla Corea del Nord alla Russia, un “trend” che “imbarazza la Cina e le rende la vita difficile“, anche se “è difficile” che Pechino “faccia un’inversione di 360 gradi e abbandoni la Corea del Nord“. Tutto in un contesto in cui “c’è senz’altro uno stallo di dialogo tra Corea del Nord e Stati Uniti” e, conclude Sisci, mentre la Cina si trova “intorno a sé un numero crescente di Paesi sempre più ostili e un Paese alleato che forse aiuta più i nemici di se stesso“. Una “posizione veramente molto difficile” per il gigante asiatico, mentre si avvicina il Congresso del Partito comunista cinese e Xi Jinping va verso un terzo mandato da leader.