“Concorso di colpa”. Con questa motivazione i familiari di alcune delle vittime del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, non verranno risarcite integralmente. A deciderlo, lo scorso 12 ottobre, è stato il Tribunale civile dell’Aquila. L’oggetto del dibattito è la delibera sulla richiesta di risarcimento avanzata dai familiari di alcune delle persone che persero la vita nel crollo del palazzo di via Campo di Fossa. Il giudice, Monica Croci, ha riconosciuto solo un risarcimento parziale: una parte della colpa è da attribuire alle vittime.
Ma cosa dice la normativa? Ebbene, quest’ultima invita, e certamente non obbliga, a dormire fuori casa in caso di scosse avvertibili. La normativa è, ovviamente, responsabilità dello Stato. Resta dunque da chiedersi perché le vittime di quel terremoto, che non hanno fatto altro se non seguire la normativa, non siano state indennizzate al 100%. Quale sarebbe la loro colpa?
Terremoto e prevenzione: carenza normativa
La normativa in questione è carente in vari aspetti, ben evidenziati in letteratura scientifica internazionale. “I sismi avvenuti a L’Aquila (6 aprile 2009) e in Emilia (20 e 29 maggio 2012) hanno smentito clamorosamente le mappe di scuotimento poste nelle appena pubblicate Norme Tecniche per le Costruzioni nella edizione del 2008. I livelli di scuotimento, molto più alti di quelli suggeriti per il progetto degli edifici di civile abitazione, posero nuovamente all’ordine del giorno la temerarietà dell’intreccio tra parascienza e diritto, che pretendendo di dare stime precise della sismicità (sia pur sotto il camuffamento probabilistico, un utile escamotage atto a ricomprendere ogni eventualità), si poneva sistematicamente nella condizione di essere smentita dai fatti. Nelle stesse occasioni dei sismi a L’Aquila ed in Emilia è emerso in modo chiaro che il metodo NDSHA dà dei valori di riferimento molto più vicini a quelli effettivamente misurati (18)”.
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L’approccio è rimasto identico nonostante la Camera dei Deputati, in una delle sue commissioni, abbia espressamente segnalato la necessità per lo meno di affiancare ai metodi probabilistici, i più recenti ed affidabili metodi neo deterministici (19). È infatti acclarato che le mappe di pericolosità sismica elaborate e utilizzate in vari Paesi, tra cui l’Italia, per la pianificazione territoriale e la difesa delle popolazioni dai forti terremoti presentano carenze che, se non adeguatamente valutate e risolte, possono compromettere le strategie stesse di prevenzione, a causa dell’evidente tendenza a produrre una sottovalutazione della pericolosità in quei settori nei quali l’ultimo terremoto di magnitudo massima è avvenuto anteriormente al periodo di completezza del catalogo stesso. Le attuali carenze delle mappe di pericolosità basate sui cataloghi non devono essere sottovalutate, pena l’assunzione di gravi responsabilità nella gestione delle attività di prevenzione sismica (20).“
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18. Marzo A., Marghella G. e Indirli M., (2012), The Emilia-Romagna earthquake: Damages to precast/prestressed reinforced concrete factories, Ingegneria Sismica, 29, 132-147.
Peresan A. e Panza G.F., (2012), Improving Earthquake Hazard Assessments in Italy: An Alternative to “Texas Sharpshooting”, Eos, 93, 538-539, 18 December 2012.
19. Camera dei Deputati della Repubblica Italiana (2011), VIII Commissione Permanente Ambiente Territorio e Lavori Pubblici, Risoluzione 8-00124, 8-6-2011, Benamati G., In Materia di Isolamento Sismico delle Costruzioni Civili e Industriali.
20. Neri G., (2012), Carenze delle mappe di pericolosità sismica dedotte dai cataloghi strumentali e storici: il caso della mappa di pericolosità italiana MPS04 Geoitalia, 39, 11-21.
Da Panza & Peresan 2016 Difendersi dal terremoto si può – L’approccio neodeterministico, EPC, Roma.
Appare dunque chiaro come, a ben vedere, le vittime ai cui famigliari è stato negato il risarcimento totale, non abbiano fatto altro che seguire la normativa, evidentemente fallace e da rivedere. Ma che colpa ne hanno i cittadini?
Per approfondire la tematica:
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