“E’ tempo che l’inquilino del Colle ritorni a fare soltanto l’arbitro“: lo scrive il giornalista Daniele Capezzone in un editoriale in prima pagina su “La Verità” di oggi, che dedica l’apertura al Covid dopo le scelte annunciate ieri dal Governo. “La Meloni smonta la gabbia Covid, Mattarella si mette di traverso” titola il giornale diretto da Maurizio Belpietro che poi spiega nel sottotitolo: “Stop anche al bollettino giornaliero. Finalmente si ripara a un’ingiustizia basata sulla menzogna e sul ricatto morale privo di basi scientifiche. Però il presidente non ci sta e straparla di ‘morbo ancora da sconfiggere‘”.
Capezzone, nel suo editoriale, focalizza i ruoli del Presidente della Repubblica che dovrebbero essere improntati alla terzietà e all’imparzialità: “faccia l’arbitro“, scrive Capezzone, rimproverando a Mattarella una sortita sul Covid contro le scelte del Governo appena legittimato dal popolo tramite le urne proprio mentre Speranza – che Mattarella volle fortemente mantenere al Ministero della Salute anche con Draghi – si lamenta del fatto che il suo “modello” basato sulla Cina, sulla coercizione e sulla massima rigidità, sia andato in soffitta. Capezzone, quindi, ricorda le “frasi infelici di Pavia” scrivendo che “Resta purtroppo indimenticabile l’infelice speech del 5 settembre 2021 all’Università di Pavia“, riferendosi alle parole di Mattarella che quel giorno disse: “Non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione, perchè quell’invocazione equivale alla richiesta di licenza di mettere a rischio la salute altrui e in qualche caso di mettere in pericolo la vita altrui“.
“Oggi sappiamo – prosegue Capezzone – che quelle parole, discutibili già allora, non avevano base scientifica, come non l’aveva la motivazione ‘pandemica’ con cui il Quirinale ha schivato le urne a febbraio 2021. Queste posizioni semmai hanno contribuito alla demonizzazione e all’isolamento di cittadini che erano e sono come altri, ma furono quasi additati come untori. Precedenti che suggerirebbero prudenza, linguaggio sorvegliato, attitudine a suturare ferite, non a riaprirle“.