Dovevano salvarci le rinnovabili, invece nonostante decenni di incentivi senza precedenti con fondi pubblici enormi, la produzione di energia dalle fonti “alternative” è irrisoria e senza il gas della Russia siamo tornati al carbone. La produzione di elettricità da carbone, infatti, nei primi 9 mesi del 2022 in Italia è aumentata dell’82% rispetto allo stesso periodo del 2021, arrivando a 21 terawattora. Lo rivela all’ANSA Nomisma Energia.
“L’aumento della produzione è stato deciso autonomamente dalle aziende elettriche – spiega il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli -. A questi prezzi dell’elettricità, è troppo conveniente produrre con il carbone. Poi ad agosto il governo ha varato il suo piano di riduzione dei consumi di gas, per riempire gli stoccaggi, che prevede un aumento della produzione a carbone. Ma questa era aumentata già da prima“. In Italia ci sono 6 centrali a carbone ancora funzionanti. Quattro sono dell’Enel, a Fusina (Venezia), Brindisi, Civitavecchia e Portovesme (Carbonia-Iglesias). Una è di A2A a Monfalcone (Gorizia), l’altra di EP Produzione a Fiume Santo (Sassari). A2A gestisce anche una centrale a olio combustibile a San Filippo del Mela (Messina).
Senza queste 6 centrali a carbone, l’Italia andrebbe incontro a inevitabili razionamenti dell’energia. E se ci fossero più centrali a carbone, non solo non ci sarebbero problemi di approvvigionamenti ma anche i prezzi delle bollette sarebbero decisamente più bassi. Invece continuando a puntare sulle illusioni eoliche e solari ci ritroviamo con una crisi energetica senza precedenti nella storia.