Dall’Italia all’Everest: le sfide fisiche dell’adattamento del corpo ad alta quota

Un Progetto Internazionale, al via il 20 ottobre, studierà gli adattamenti fisiologici all'alta quota
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Sta per partire il Progetto Internazionale “Lobuje Peak-Pyramid: Exploration & Physiology 2022“: dal 20 ottobre all’8 novembre 2022 impegnerà un gruppo di 22 italiani, uomini e donne, di età compresa tra i 20 e i 60 anni, ed è seguito e supportato dall’agenzia Dire. Dopo un anno di preparazione fisica e mentale, il gruppo dovrà arrivare alla base dell’Everest presso la Piramide di Desio, osservatorio e laboratorio internazionale a 5000 m di quota.

Il progetto studierà gli adattamenti fisiologici all’alta quota: indagherà sui vari aspetti della fisiologia umana e farà un confronto delle risposte adattative, tra le popolazioni caucasiche e quelle dei nativi nepalesi di differenti etnie compresa quella degli Sherpa.

Gli obiettivi del progetto sono rilevare, registrare e studiare, durante le varie tappe del viaggio, i parametri fisiologici e clinici, le performance fisiche individuali e l’impatto psicologico che un viaggio del genere può avere su sportivi a livello non agonistico.

Per capire come ci si prepara fisicamente a scalare l’Everest, l’agenzia di stampa Dire, che supporta e segue il progetto, ha intervistato Gaetano Di Blasio, Presidente del Collegio Regionale D’Abruzzo Guide Speleologiche che guiderà sotto il profilo tecnico la spedizione.

Ogni partecipante è informato delle difficoltà che andrà affrontare. I componenti del gruppo saranno chiamati a effettuare delle lunghe salite, ma naturalmente si procede in progressione fino a guadagnare le quote più ‘critiche’. Per le salite più tecniche, come questa, saremo dotati dell’equipaggiamento necessario che contempla: la corda, la piccozza e i ramponi. La partenza per tutti è Kathmandut per arrivare a Lukla (2840 metri), da Phakdingme via fino al Namche Bazaar (3446 metri) dove è prevista una sosta di due giorni per favorire l’acclimatamento del gruppo. Si riprende la scalata da Tengboche (3867 metri) e ancora su a Dgboche (4343 metri). Solo 4 alpinisti, precedentemente reputati idonei a seguito di test medici, scaleranno con me fino al Lobuche. Si sale ancora, ma sempre in progressione per evitare il ‘mal di montagna’, arrivando al Passo Cho La (5420 metri). La meta è il Campo Base Everest a 5384 metri,ha dichiarato Di Blasio in esclusiva alla Dire. “Abbiamo consigliato ad ogni partecipante un protocollo di allenamento al fine di aumentare la capacità polmonare e la resistenza muscolare. L’obiettivo è evitare il ‘mal di montagna’ che si traduce in pratica in un mal di testa pulsante e che può degenerare, se non curata, in edema cerebrale oppure in un edema polmonare, condizioni gravissime, che meritano cure ospedaliere. In ogni caso l’alta quota, anche per le persone più allenate, è sempre un punto interrogativo. Una volta che la persona ha raggiunto l”acclimatamento’, il livello ideale tra ossigeno ed emoglobina, si può raggiungere la massima performance fisica. Anche se questo è un trek noto, la somma dei vari dislivelli del percorso è pari a 8mila metri. Il gruppo dovrà dare il massimo e dovrà essere in grado di reggere lo stress sia fisico che mentale. Sarà compito della parte medica e tecnica fare in modo che le persone, a 5mila metri di altitudine, siano perfettamente in salute“.

La dieta sarà ricca di carboidrati. In particolare nella fase della salita i partecipanti si nutriranno quasi esclusivamente di carboidrati per produrre energia per salire la montagna. Il menu tipo dell’alpinista si compone di grandi quantità di riso, patate e di una quota di proteine soprattutto dalla carne bianca“. “Molto difficile sarà reperire invece la carne rossa. La ragione risiede nel fatto che dove sosteremo, nelle valli buddiste, non è ammessa e reperibile. Ovviamente porteremo con noi in viaggio molte proteine, sotto forma di barrette, e poi liquidi e integratori,” conclude Di Blasio.

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