La peste nera potrebbe aver influenzato l’evoluzione dei geni coinvolti nelle risposte immunitarie dell’organismo umano contro i patogeni. A questa conclusione è giunta un’analisi di antichi dati genomici pubblicati su Nature. I risultati dello studio provano che le pandemie potrebbero aver modellato la suscettibilità alle malattie. Ma non solo. Suggeriscono che continuaranno a farlo in futuro.
La peste nera, causata dal batterio Yersinia pestis, si diffuse in Europa, Medio Oriente e Nord Africa dal 1346 al 1350 d.C. Provocò la morte tra il 30% e il 50% della popolazione dell’epoca. L’alto tasso di mortalità suggerisce che le popolazioni avevano poco o nessun adattamento immunologico precedente a Y. pestis. Nelle successive epidemie di peste i tassi di mortalità sono diminuiti. Si parla di un arco temporale di circa 400 anni. Questo potrebbe essere dipeso dal cambiamento delle pratiche culturali o dell’evoluzione dei patogeni. Potrebbe inoltre rappresentare l’adattamento genetico umano al batterio.
Lo studio sulla peste nera
Per esplorare l’evoluzione della variazione genetica nei geni immuno-correlati, Luis Barreiro e colleghi hanno analizzato 516 campioni di DNA antico. Si tratta di materiale estratto da individui morti prima, durante o subito dopo focolai di peste nera a Londra, Regno Unito (318 campioni) e in tutta la Danimarca (198 campioni). Di questi, per l’analisi principale sono stati utilizzati in totale 206 campioni.
I ricercatori hanno datato i campioni utilizzando documenti storici e datazione al radiocarbonio. Includevano individui sepolti in un cimitero della peste a Londra, tutti morti tra il 1348 e il 1349. Gli autori hanno trovato prove per la selezione positiva di varianti genetiche nei geni immunitari durante e dopo il Morte Nera. Hanno identificato 245 varianti genetiche altamente differenziate, confrontando campioni pre e post-morte nera da Londra. Quattro di queste sono state replicate nella coorte danese.
Tra i quattro candidati più forti per la selezione positiva, una variante è associata al controllo di Y. pestis in esperimenti di laboratorio con cellule del sangue (macrofagi). Ciò porta alla conclusione che potrebbe aver contribuito alla resistenza contro la peste.
Secondo gli autori le varianti associate alla protezione da Y. pestis si sovrappongono agli alleli associati a una maggiore suscettibilità alle malattie autoimmuni. Questo evidenzia che le pandemie del passato hanno avuto un ruolo importante nel plasmare il rischio di malattia degli individui moderni.