Se le dighe mobili del Mose hanno salvato Venezia da un’altra “acqua alta” epocale, non altrettanto può dirsi per i litorali del Nord-Est, martoriati da una violenta ondata di maltempo, arrivata dal mare.
“Quanto accaduto ci permette di evidenziare la fragilità di uno dei giacimenti turistici italiani, cioè la fascia costiera da Ravenna a Trieste, il cui equilibrio idraulico è garantito dall’indispensabile azione di centinaia di idrovore, vale a dire circa la metà di quelle operanti in Italia”, precisa Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
Nel Ferrarese si è verificata una condizione mai registrata da decenni e che ha visto la combinazione di vento forte (prima di Scirocco e poi, per qualche ora, di Levante), alta marea e precipitazioni abbondanti (60 millimetri di media con picchi di mm. 100), determinando, su tutta la costa, allagamenti dovuti all’incursione del mare. Il Porto Canale a Portogaribaldi è tracimato, allagando attività commerciali ed abitazioni; gli stabilimenti balneari hanno subito danni ingentissimi, così come i paesi di Goro e Gorino, che hanno temuto davvero il peggio.
Questa situazione ha portato un eccezionale innalzamento di livello del Po di Volano anche nell’entroterra, dove si sono registrate falle ed infiltrazioni; la più grande si è aperta nei pressi di Vaccolino e ha determinato l’allagamento della campagna vicina. Quote mai viste prima si sono registrate all’impianto idrovoro di Codigoro, responsabile dello scolo di oltre 56.000 ettari, quasi tutti sotto il livello del mare e che sono parte rilevante della provincia di Ferrara; il ramo del fiume Po è cresciuto talmente tanto, che il Consorzio di bonifica Pianura di Ferrara ha dovuto attivare le procedure d’emergenza ed installare paratoie per evitare che l’acqua invadesse i locali tecnologici, che regolano una delle più grandi centrali idrauliche d’Europa. Contemporaneamente sono state eseguite manovre idrauliche, atte a contenere l’ondata di piena, facendo confluire, nella rete idraulica consortile, l’acqua piovana, che non si poteva scaricare a mare, viste le condizioni meteo.
Ciò nonostante, anche oggi il Volano è molto alto e quindi prosegue il costante monitoraggio, pur se la situazione dovrebbe migliorare con il trascorrere delle ore.
Nel Veneto sono stati i Consorzi di bonifica Veneto Orientale e Delta del Po, i più impegnati nel fronteggiare il maltempo, che si è abbattuto su tutta la regione causando danni contenuti nell’entroterra, mentre gravi problemi si sono registrati anche qui lungo la zona costiera, a causa di vento e mareggiate con danni significativi alle spiagge (Caorle, Eraclea, Jesolo e Chioggia); per queste zone, il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha chiesto lo stato di crisi.
Nel comprensorio di bonifica del Veneto Orientale sono caduti fino a 80 millimetri di pioggia che, in virtù anche della bassa intensità, sono stati gestiti senza grossi problemi, mentre, a causa della spinta del mare, si sono verificate fuoriuscite d’acqua dalla Litoranea Veneta (il canale, che riceve gli scarichi delle idrovore) sull’argine Revedoli in località Torre di Fine ed una limitata tracimazione a San Michele al Tagliamento. Le forti mareggiate evidenziano l’urgenza di procedere con il programma di rialzo di tutte le arginature di difesa a mare, come previsto dal Consorzio di bonifica Veneto Orientale nel recente Piano Triennale dei Lavori Pubblici. La stima dei costi sfiora i 100 milioni di euro, per i quali l’ente consortile ha predisposto un programma generale che, visto l’aumento di violenti fenomeni marini, è necessario trovi copertura finanziaria nel più breve tempo possibile; attualmente sono finanziati con fondi pubblici solo i lavori sul tratto del canale Revedoli (€ 2.500.000,00).
Anche nel comprensorio di bonifica del Delta del Po sono caduti 80 millimetri di pioggia nell’arco dell’intera giornata. La rete idraulica consortile ha contenuto regolarmente l’acqua, anche in virtù delle manovre realizzate dall’ente consorziale, che già nei giorni scorsi aveva svasato ed assestato i livelli idrici negli alvei sui più bassi valori invernali. Pure qui i problemi maggiori si sono registrati nella fascia costiera con mareggiate superiori ai 2 metri e che hanno comportato il danneggiamento di alcune capanne di pescatori nella Sacca di Scardovari.
“Sono questi ulteriori segnali, che indicano come la delicatezza di questi territori, unita al progressivo innalzamento del mare, debba indurre alla massima prudenza nell’avviare trivellazioni nell’alto Adriatico che, pur rispondendo ad una priorità per il Paese, potrebbero però avviare inarrestabili processi di subsidenza ai danni di popolazioni, che già stanno pagando le conseguenze di analoghe scelte operate nei decenni passati”, ricorda Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
Infine, in Friuli Venezia Giulia, il picco di alta marea ha toccato cm.+160 con tracimazioni in alcuni punti degli argini dei fiumi Ausa e Tiel, nella zona di Aquileia.