Cancro, nuove cure dalle cellule T modificate con genoma CRISPR

Sfruttare il potere del sistema immunitario umano per curare il cancro attraverso la modifica delle cellule T con il genoma CRISPR
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Lo sviluppo e il primo test clinico sull’uomo di cellule immunitarie non virali per la terapia del cancro è descritto in uno studio su Nature. L’approccio, che utilizza l’editing del genoma CRISPR (un sistema derivato dai batteri) per produrre cellule T specifiche del paziente, ha avuto un profilo di sicurezza favorevole. Sebbene il beneficio clinico in termini di risposte dei pazienti fosse limitato, lo studio dimostra la potenziale fattibilità di questa terapia.

Sfruttare il potere del sistema immunitario umano è un obiettivo attraente per il trattamento del cancro. I recettori sulla superficie delle cellule T possono rilevare le cellule tumorali a causa di singole mutazioni nel genoma del cancro che modificano le proteine ​​della superficie cellulare. Le cellule T sono una parte fondamentale del sistema immunitario coinvolto nell’identificazione e nella risposta a specifici antigeni. L’isolamento di tali recettori delle cellule T che rilevano il cancro e il loro utilizzo per generare cellule T terapeutiche potrebbe fornire un nuovo modo per trattare i tumori resistenti alla terapia.

Lo studio sulle cellule T

Antoni Ribas e colleghi hanno sviluppato un approccio che utilizza il sistema di editing del genoma CRISPR-Cas9. Quest’ultimo inserisce i recettori delle cellule T specifici per il cancro nelle medesime cellule dei pazienti affetti da cancro. Produce così cellule immunitarie antitumorali personalizzate. In uno studio clinico di fase 1, 16 pazienti con tumori solidi metastatici che erano resistenti alle terapie standard sono stati trattati con cellule geneticamente modificate. I pazienti erano affetti per lo più da cancro del colon-retto. La terapia consiste nell’esprimere recettori dei queste cellule personalizzati mirati alle loro singole mutazioni tumorali.

Il trattamento ha portato alla stabilizzazione della malattia in 5 dei 16 pazienti testati, mentre gli altri 11 hanno avuto una progressione della malattia. Solo due pazienti hanno mostrato risposte avverse attribuite alla terapia con cellule T. Tutti i pazienti hanno manifestato effetti avversi attesi correlati a un trattamento chemioterapico di accompagnamento.

Conclusioni

Gli autori evidenziano alcune limitazioni al loro approccio, come il tempo necessario per caratterizzare potenziali antigeni. Ma anche quello per isolare, clonare e testare i recettori dei linfociti T e le diverse affinità dei recettori dei linfociti T specifici del paziente con gli antigeni associati. Alcuni dei processi sono migliorati nel corso della durata della sperimentazione. Secondo gli autori sono quindi possibili miglioramenti futuri.

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