Stufe, camini, legna e pellet, se da un lato sostituiscono sempre più spesso il gas come fonte di riscaldamento domestico, dall’altro determinano una crescita dei livelli di inquinamento atmosferico, con danni sul fronte della qualità dell’aria anche all’interno delle case e ripercussioni sulla salute pubblica. Lo afferma la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) che diffonde oggi i dati sulle emissioni inquinanti degli impianti di riscaldamento alternativi al gas.
“Con i prezzi del gas naturale in forte crescita si assiste in Italia ad un maggior utilizzo di stufe e camini all’interno delle abitazioni private – spiega il presidente Alessandro Miani – Impianti che però hanno ripercussioni dirette sull’inquinamento dell’aria che respiriamo: basti pensare che in Italia i camini aperti tradizionali rilasciano ogni anno 3.679 tonnellate di PM10 in atmosfera, 2.401 tonnellate quelli chiusi. Le stufe a legna, invece, immettono 2.651 tonnellate di PM10. Per ogni Giga Joule bruciato, un caminetto aperto rilascia nell’atmosfera 860 grammi di PM10; poco meno della metà una stufa a legna (480 grammi), mentre il caminetto chiuso ne emette 380 grammi. Una stufa a pellet rilascia in media 76 grammi di PM10 per ogni Giga Joule bruciato, numeri nettamente superiori al gasolio (5 grammi) e al metano (0,2 grammi), sostanze che però liberano anche carbonio”.
“Il maggior ricorso a stufe e camini provocherà il prossimo inverno un proporzionale incremento delle polveri sottili immesse in atmosfera, con ripercussioni sia sull’inquinamento dell’aria indoor – anche attraverso l’emissione di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), sostanze cancerogene che si liberano dalla combustione della legna nei camini aperti delle nostre case – sia su quella outdoor e, quindi, sulla salute pubblica, con effetti indiretti negativi sulla spesa sanitaria nazionale” – conclude Miani.