Studiare il comportamento delle ferite e del processo di riparazione dei tessuti in condizioni di microgravità. È questo l’obiettivo di ‘Suture in space’, l’esperimento ideato dall’Università di Firenze e finanziato da Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e Agenzia Spaziale Europea (ESA), che ha raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
Nello specifico, si indagano due modelli di ferite, suturate a Terra prima del lancio, su campioni di pelle umana e vasi sanguigni. I materiali, arrivati sulla ISS a bordo della navetta Dragon di SpaceX, sono contenuti in quattro Advanced Experiment Containers (Aec) realizzati dalle aziende Ohb e Kayser Italia di Livorno, su indicazioni del gruppo di ricerca dell’Università di Firenze. In particolare, Kayser ha progettato, realizzato e testato l’apparato fluidico-meccatronico dell’esperimento, così come il software di volo necessario.
I quattro moduli saranno inseriti nell’incubatore a bordo della Stazione Spaziale, chiamato Biolab, che fornisce alimentazione elettrica e guiderà la sequenza di operazioni necessarie. Il protocollo scientifico verrà eseguito alla temperatura controllata costante di 32 gradi. A fine incubazione, i quattro Aec verranno prelevati e trasferiti in stoccaggio alla temperatura di meno 80 gradi, in attesa del rientro a Terra.
L’obiettivo dell’esperimento è ottenere informazioni sul modo in cui la gravità influisce sul comportamento della sutura e sulla guarigione delle ferite, come i materiali e le tecniche di sutura possono essere adattati all’ambiente di microgravità, come migliorare le tecniche di sutura sulla Terra per favorire la guarigione. La sperimentazione nello spazio vuole studiare la reattività dei tessuti e la guarigione delle ferite suturate, indagare sulla qualità delle cicatrici, misurare la sigillatura della ferita in termini di ripristino della resistenza alla trazione nel tessuto, valutare l’efficienza delle tecniche di sutura e capire quali caratteristiche rendono i materiali e le tecniche di sutura adatti in condizioni di microgravità.
I risultati attesi riguardano una migliore conoscenza dei meccanismi molecolari, cellulari e tissutali coinvolti nella guarigione, acquisire informazioni sul ruolo dello stress meccanico nella riparazione dei tessuti, strategie chirurgiche avanzate, supporto allo sviluppo di terapie; trasferimento di conoscenze per risolvere problemi di guarigione in soggetti fragili sulla Terra, supporto all’esplorazione umana dello Spazio di lunga anche per gestire infortuni accidentali dovuti a eventi traumatici e interventi chirurgici d’urgenza a bordo delle navicelle spaziali.