Chi si sente al sicuro? Percezione del rischio, vulnerabilità del territorio e intervento statale nell’Aquila post-terremoto

Uno studio analizza la relazione quantitativa tra i prezzi delle case e la percezione del rischio in una città post-disastro, come L'Aquila dopo il terremoto del 2009
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I rischi legati alla vulnerabilità del territorio sono comuni a molti insediamenti umani. Gli ultimi decenni mostrano un aumento dei modelli di valutazione del rischio sismico. Alcune tecniche possono essere applicate agli edifici, offrendo alle famiglie una migliore percezione del rischio a cui sono esposte”, si legge in uno studio di Giulio Breglia dell’Università La Sapienza di Roma. Il lavoro è stato pubblicato su “International Journal of Disaster Risk Reduction”. 

L’obiettivo del lavoro di Breglia era “definire il valore attribuito ai rischi passati e futuri nelle transazioni immobiliari, differenziando le fonti di rischio tra endogene (derivate dalle attività umane) ed esogene (non legate alle attività umane)”. “Il modello del prezzo edonico viene utilizzato per il mercato immobiliare per studiare la città dell’Aquila post-disastro a seguito del terremoto del 2009”, si legge nello studio. 

Il terremoto dell’Aquila del 2009 

Alle 3:32 del mattino del 6 aprile 2009, la città dell’Aquila è stata colpita da un terremoto di magnitudo 6.3, il più forte di un lungo sciame sismico di quei giorni. Nel terremoto, morirono 309 persone, 1.600 rimasero ferite e circa 100.000 furono evacuate dall’Aquila e dai comuni limitrofi nelle settimane successive, ricorda Breglia. “Insieme all’orribile bilancio delle vittime, la perdita di capitale è stata enorme principalmente in termini di abitazioni. Più di 22.000 case private furono danneggiate, generando un fondo per la ricostruzione richiesto di 8,3 miliardi di euro nella sola città”, “danneggiata per circa il 70%”, si legge nello studio. 

“Il successivo processo di ricostruzione ha attraversato diverse fasi e politiche, con una grande attenzione mediatica. Nel 2010, il Dipartimento Regionale della Protezione Civile ha mappato il territorio aquilano secondo criteri di vulnerabilità del suolo (noti come microzonazione). La vulnerabilità è valutata secondo valori geomorfologici, cinetici e geofisici, utilizzando un metodo misto di modelli probabilistici e deterministici. Ad esempio, se la distanza dalla faglia e la velocità sismica sono costanti, le aree più vicine ai fiumi e per lo più sabbiose sarebbero più vulnerabili rispetto a quelle vicine a terreni granitici”, riporta lo studio. 

Nel 2012, l’USRA (Ufficio Speciale per la Ricostruzione dell’Aquila) ha valutato per ogni edificio una dichiarazione di vulnerabilità, con una classificazione da A ad F, dove i primi erano gli edifici completamente sicuri, i secondi quelli da demolire e ricostruire. La maggior parte degli edifici aquilani erano classificati come A o B, con un agglomerato estremo di C ed E nel centro cittadino e nelle aree circostanti, le parti più dense della città”, scrive Breglia. 

La normativa in materia di informativa sul pericolo sismico e di ricostruzione obbligatoria antisismica per le aree a rischio è recente. Queste leggi ci danno il presupposto che tutte le unità abitative vendute successivamente possano essere considerate legalmente sicure. Nel 2016 sono state ristrutturate oltre 20.000 abitazioni private con l’utilizzo di oltre 3,5 miliardi di euro di finanziamenti governativi. Come in altri mercati immobiliari post-disastro, il risultato atteso sarebbe una diminuzione dei prezzi e delle vendite durante la ripresa a medio termine. L’Aquila, invece, ha mostrato un mercato immobiliare dinamico a cinque anni dal terremoto durante le prime indagini sul mercato immobiliare condotte dal 2011 in poi”, scrive ancora Breglia, che evidenzia “un aumento rilevante delle vendite di alloggi dopo il terremoto” tra il 2011 e il 2013. 

Le conclusioni dello studio 

“L’introduzione presentata sull’andamento del mercato immobiliare dell’Aquila dopo il terremoto offre un’idea di una fiducia generale sul processo di ripresa. Questo articolo analizza con un modello di prezzo edonico la relazione quantitativa tra i prezzi delle case e la percezione del rischio in una città post-disastro, come L’Aquila. In un Paese dove la maggior parte delle persone, soprattutto lontane dalle grandi città, vive in case di proprietà, lo studio dei prezzi delle abitazioni è un buon metodo per valutare la ripresa di un territorio e la percezione di possibili rischi futuri. In situazioni come il caso presentato, in cui il processo di ricostruzione è completamente guidato dallo stato e finanziato dallo stato, ed è implementata una politica open-data, è possibile trarre alcune lezioni dal mercato immobiliare per valutare il processo di ripresa e ricostruzione. Il processo empirico di questa ricerca ha utilizzato tutte le informazioni relative al processo di ripresa per capire come ogni fattore determina il prezzo finale di una casa”, spiega Breglia. 

I risultati indicano un chiaro e persistente impatto positivo sui prezzi delle case che non sono state danneggiate dal terremoto. Anche i fattori di vulnerabilità del territorio, nonostante non siano così pubblicizzati sui media nazionali o locali, giocano un ruolo importante sui prezzi delle case. Gli abitanti di una città post-disastro hanno a cuore la propria sicurezza ma, allo stesso tempo, ripongono la loro fiducia nel processo di ricostruzione finale pubblico. Allo stesso tempo, le persone preferiscono sempre acquistare quelle case per nulla danneggiate dal terremoto, che sono già sopravvissute a un disastro e potrebbero sopravvivere a un secondo, segno che la fiducia nel processo di recupero ha dei limiti”, si legge nello studio.  

Questo è il più grande allarme per i decisori politici: la popolazione è consapevole del fatto che una casa rinnovata è sempre meno sicura di una nuova o di una casa già sicura e testata per un terremoto. Se questa casa è sopravvissuta una volta, potrebbe sopravvivere di nuovo; una casa già crollata, potrebbe crollare di nuovo. I soldi spesi per la prevenzione ripagano sempre l’investimento, a livello micro come a livello macro. Questa è anche una particolarità dell’Italia e di pochi altri Paesi europei: le case sono costruite per sopravvivere per sempre e le persone non demoliscono e ricostruiscono se non è proprio necessario”, evidenzia Breglia. 

In definitiva, l’implementazione di nuove tecniche di valutazione dei rischi, come l’NDSHA, può essere un buon punto di partenza per l’analisi economica, comprendendo come un modello di rischio più o meno precauzionale possa influenzare i mercati. Come considerazione finale, il presente contributo illustra chiaramente come una cultura della prevenzione e una divulgazione delle informazioni sui rischi ben comunicate possano avere effetti positivi sulla sicurezza del territorio e sulla ricchezza delle famiglie”, conclude Giulio Breglia nel suo studio. 

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