Alla fine del XVIII secolo, un uomo è stato sepolto a Griswold, nel Connecticut (USA), con i 2 femori disposti in modo incrociato, una posizione che indicava che la gente del posto lo riteneva un vampiro. Più di 200 anni dopo, il DNA sta rivelando come potrebbe essere stato (sì, ovviamente era geneticamente umano).
Il volto del “vampiro” JB55
Dopo aver eseguito diverse analisi del DNA, gli scienziati forensi di un’azienda con sede in Virginia, chiamata Parabon NanoLabs, e l’Armed Forces DNA Identification Laboratory (AFDIL), una branca dello U.S. Armed Forces Medical Examiner System con sede nel Delaware, hanno concluso che al momento della morte, il maschio deceduto (noto come JB55) aveva circa 55 anni e soffriva di tubercolosi. Utilizzando un software di ricostruzione facciale 3D, un artista forense ha stabilito che JB55 probabilmente aveva la pelle chiara, occhi marroni o nocciola, capelli castani o neri e alcune lentiggini.
Sulla base del posizionamento delle gambe e del cranio nella tomba, i ricercatori sospettano che a un certo punto il corpo sia stato dissotterrato e riseppellito, una pratica spesso associata alla convinzione che la persona deceduta fosse un vampiro. A quel tempo alcuni ritenevano che coloro che morivano di tubercolosi fossero in realtà vampiri.
“I resti sono stati trovati con le ossa del femore rimosse e incrociate sul petto,” ha dichiarato a Live Science Ellen Greytak, direttrice di bioinformatica presso Parabon NanoLabs e responsabile tecnico della divisione Snapshot Advanced DNA Analysis dell’organizzazione. “In questo modo non sarebbero stati in grado di andare in giro e attaccare i vivi“.
Le analisi del DNA
Per eseguire le analisi, gli scienziati forensi sono partiti dall’estrazione del DNA dai resti scheletrici dell’uomo. Tuttavia, lavorare con ossa che hanno più di 2 secoli si è rivelato difficile.
“La tecnologia non funziona bene con le ossa, specialmente se quelle ossa sono storiche,” ha detto Greytak. “Quando le ossa invecchiano, si rompono e si frammentano nel tempo. Inoltre, quando i resti sono rimasti nell’ambiente per centinaia di anni, anche il DNA dell’ambiente proveniente da cose come batteri e funghi finisce nel campione. Volevamo mostrare che è comunque possibile estrarre il DNA da campioni storici complessi“.
Nel sequenziamento del genoma tradizionale, i ricercatori si sforzano di sequenziare ogni pezzo del genoma umano 30 volte, procedimento noto come “copertura 30X”. Nel caso dei resti decomposti di JB55, il sequenziamento ha prodotto solo una copertura di circa 2,5 volte.
Per integrare il procedimento, i ricercatori hanno estratto il DNA da un individuo sepolto nelle vicinanze che si credeva fosse un parente di JB55. Quei campioni hanno prodotto una copertura ancora più scarsa: circa 0,68X. “Abbiamo stabilito che erano parenti di terzo grado, o cugini di primo grado,” ha detto Greytak.
Chi era il “vampiro” di Griswold
Gli archeologi hanno originariamente portato alla luce i resti del presunto vampiro nel 1990. Nel 2019, gli scienziati forensi hanno estratto il suo DNA e lo hanno analizzato attraverso un database genealogico online. Ciò ha consentito di stabilire che JB55 era in realtà un uomo di nome John Barber, un contadino che probabilmente è morto di tubercolosi. Il soprannome JB55 deriva dall’epitaffio scritto sulla sua bara, cioè le sue iniziali e l’età alla morte.
I ricercatori sveleranno le loro nuove scoperte questa settimana, inclusa la ricostruzione facciale, alla conferenza International Symposium on Human Identification (ISHI), che si tiene fino al 3 novembre a Washington, DC.