Il 2022 è stato l’anno nero per i Ghiacciai alpini, sempre più fragili, vulnerabili e instabili per effetto della crisi climatica e del riscaldamento globale. Ghiacciai che ingrigiscono mentre perdono di superficie e spessore, si disgregano in corpi più piccoli confinati ad alta quota, dove aumentano fenomeni di instabilità quali frane, colate detritiche, valanghe di roccia e di ghiaccio: è la fotografia dell’emorragia glaciale vissuta dall’intero arco alpino per effetto di una crisi climatica che prosegue a ritmo irrefrenabile. Nell’ultimo anno i giganti bianchi hanno dovuto fare i conti con un’estate caldissima, caratterizzata da intense ondate di calore, record di temperature per il Nord Italia e siccità estrema. Si pensi che, a fine luglio, Meteo Suisse ha registrato lo zero termico sulle Alpi svizzere a 5.184 metri, numeri del tutto insoliti considerato che normalmente, nel mese di agosto, la quota dello zero termico si dovrebbe aggirare sui 3500 metri. E ciò si è verificato dopo un inverno povero di neve, con impatti negativi anche per le comunità e l’economia: numerose le piste chiuse, per la prima volta le discese autunnali di Coppa del Mondo di sci alpino sui ghiacciai tra Zermatt e Cervinia sono state annullate e le guide alpine, per l’aumentata pericolosità dei tracciati, hanno dovuto rinunciare agli accompagnamenti sul Monte Bianco e sul Monte Rosa. Questa la denuncia, alla vigilia della Giornata internazionale della montagna, di Legambiente e del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) che oggi presentano il report finale di Carovana dei ghiacciai 2022 nella conferenza “Monitorare la scomparsa dei ghiacciai per comprendere l’urgenza dell’adattamento climatico” presso l’Hotel Nazionale di Roma e in diretta streaming sul sito de La Nuova Ecologia e sul canale YouTube di Legambiente. Con partner sostenitori Sammontana e FRoSTA e partner tecnico EPHOTO e in collaborazione con il progetto Life DERRIS. A corollario del report sui ghiacciai l’Associazione ambientalista ha lanciato un pacchetto di proposte di policy di adattamento delle aree montane sulla gestione delle acque e rischi causati da fenomeni meteorologici estremi, raggruppati in tre ambiti d’azione: monitoraggio e attuazione, formazione e conoscenza e attuazione.
I dati del report
In ciascuno dei tre settori alpini (occidentale, centrale e orientale) i ghiacciai registrano un arretramento e i più piccoli e alle quote meno elevate stanno perdendo il loro “status” di ghiacciaio, riducendosi ad accumuli di neve e ghiaccio o poco più. Nelle Alpi Occidentali si registra in media un arretramento frontale annuale di circa 40 metri. Importante è il ritiro di ben 200 metri della fronte del Ghiacciaio del Gran Paradiso. A questo e agli altri ghiacciai del Parco del Gran Paradiso il report dedica un focus specifico in occasione del compimento del suo centenario. E ancora i ghiacciai del Timorion (in Valsavaranche) e del Ruitor (La Thuile) con una perdita di spessore pari a 4,6 metri di acqua equivalente, la peggiore perdita degli ultimi ventidue anni. Accentuati i ritiri glaciali del Ghiacciaio di Verra (Val d’Ayas), del Ghiacciaio del Lys e degli altri corpi glaciali del Monte Rosa, come il Ghiacciaio di Indren, che in due anni, ha registrato un arretramento frontale di 64 metri, 40 solo nell’ultimo anno. Il Pré de Bar, che dal 1990 ad oggi registra mediamente 18 metri di arretramento lineare l’anno e il Miage che in 14 anni ha perso circa 100 miliardi di litri di acqua, il cui lago glaciale appare e scompare, negli ultimi tre anni in maniera sempre più rapida e repentina (in passato si verificava circa ogni 5/10 anni). “Sorvegliati speciali” i ghiacciai Planpincieux e Grandes Jorasses in Val Ferret (AO) per il rischio di crolli di ghiaccio che potrebbero coinvolgere gli insediamenti e le infrastrutture del fondovalle. Nel settore centrale, emblematico il Ghiacciaio del Lupo che, solo nel 2022, nel suo bilancio di massa registra una perdita del 60% rispetto a quanto perso nell’arco di 12 anni. Il Ghiacciaio di Fellaria (Gruppo del Bernina, Val Malenco) perde in 4 anni quasi 26 metri di spessore di ghiaccio. Tra i fenomeni di collasso delle fronti spicca quello del Ghiacciaio del Ventina (Gruppo del Monte Disgrazia), che in un anno ha perso 200 metri della sua lingua. Per quanto concerne le Alpi Orientali, del grande Ghiacciaio del Careser (Val di Pejo), rimangono placche di pochissimi ettari, la sua superficie si è ridotta dell’86%. Numerosi gli arretramenti delle fronti, in gran parte dovuti alla cesura delle parti frontali, oltre un chilometro per la Vedretta de la Mare e a 600 metri per il Ghiacciaio di Lares (Gruppo dell’Adamello). E il Ghiacciaio della Marmolada tra quindici anni potrebbe scomparire del tutto, dopo che nell’ultimo secolo ha perso più del 70% in superficie e oltre il 90% in volume. In linea con gli altri due settori le perdite di spessore registrate per i ghiacciai di Malavalle e della Vedretta Pendente. Unica eccezione è il Ghiacciaio Occidentale del Montasio, piccolo ma resistente che, pur avendo subito in un secolo una perdita di volume del 75% circa e una riduzione di spessore pari a 40 metri, dal 2005 risulta stabilizzato, in controtendenza rispetto agli altri ghiacciai alpini.
“La crisi climatica non arresta la sua corsa, sembra anzi accelerare ad un ritmo impensabile anche dagli stessi esperti, non risparmiando le nostre montagne, sua sentinella principale – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – In occasione della Giornata internazionale ad esse dedicata torniamo a ribadire l’urgenza di programmare al più presto una reale governance del territorio e dei rischi ad esso connessi, con adeguate strategie e piani di adattamento al clima su scala regionale e locale, a tutela dei territori e delle comunità. Dalla tragedia della Marmolada, all’alluvione delle Marche, fino alla frana di Ischia: nell’anno più drammatico per l’ambiente, è fondamentale che il Governo Meloni approvi il Piano di adattamento climatico entro fine anno come annunciato e metta in campo gli strumenti e le risorse per attuarlo nel prossimo futuro. È altrettanto fondamentale procedere speditamente allo sviluppo delle politiche di mitigazione, partendo dall’aggiornamento del PNIEC agli obiettivi del programma europeo Repower EU”.
Le proposte di intervento
Il cigno verde ha individuato tre settori di azione a cui corrispondono una serie di proposte di policy di adattamento climatico delle aree montane:
- Monitoraggio e attuazione: che comprende la necessità di approfondire le ricerche sulle variazioni dei ghiacciai e del permafrost e sul loro comportamento futuro; la promozione e il sostegno di strutture e programmi di ricerca open per la raccolta di dati di monitoraggio; l’acquisizione di nuovi scenari idrologici sui bacini montani per comprendere come cambierà in futuro la disponibilità idrica e l’istituzione di protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di avere stime affidabili delle disponibilità di risorse idriche, dei consumi reali e della domanda potenziale.
- Formazione e conoscenza: tra cui la promozione a livello locale di piani per la sensibilizzazione, conoscenza e informazione sul cambiamento climatico, azioni a sostegno delle comunità locali per affrontare le conseguenze economiche del riscaldamento climatico (come l’industria del turismo invernale) e a contrasto della perdita di biodiversità e geodiversità; azioni per la valorizzazione e gestione dei beni naturali (collettivi/pubblici) presenti nei territori; l’attuazione di strumenti di sussidiarietà orizzontale per la gestione partecipata attraverso strumenti normativi (contratti di fiume, contratti di foresta, green community, Comunità di custodi di biodiversità).
- Programmazione: tra le azioni proposte il consolidamento di sinergie tra scienza, politica e società per una governance integrata del territorio; rafforzare il ruolo delle autorità di Bacino e di Distretto; definire una strategia che promuova la riduzione dei consumi idrici domestici e il ricorso ad acque non potabili. Pianificare e gestire le aree di alta quota e collinari, con particolare attenzione ai bacini soggetti a rischi naturali legati alla trasformazione di neve, ghiaccio e permafrost e a eventi estremi. E ancora definire e adottare per ogni bacino dei protocolli di gestione delle siccità, in modo da superare definitivamente l’attuale approccio emergenziale. Incentivare programmi di recupero del patrimonio edilizio esistente e programmi per ridurre il consumo del suolo e lo spread urbanistico e, laddove occorre, avere il coraggio di avviare procedure di delocalizzazione.
“Per i ghiacciai italiani, e non solo, il 2022 è stato l’Annus horribilis, e la Carovana dei Ghiacciai 2022, ha fotografato in modo chiaro la drammatica situazione delle nostre Alpi – ha aggiunto Valter Maggi, Presidente Comitato Glaciologico Italiano – La temperatura più elevata di sempre nel Nord Italia oltre ad una riduzione importante delle precipitazioni ha portato al drastico ritiro delle fronti glaciali e, con poche eccezioni, a bilanci di massa estremamente negativi. Questo è il quadro che emerge dalle misure effettuate dal Comitato Glaciologico Italiano su oltre 250 ghiacciai italiani, che non fanno altro che confermare una tendenza in atto da oltre cinquant’anni.”
L’appuntamento si inserisce nell’ambito del progetto Life ClimAction, promosso da Legambiente e finanziato dalla Commissione Europea, che ha l’obiettivo di informare studenti e insegnanti, giovani, cittadini, imprese e amministrazioni locali sui temi e gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, del Patto Europeo per il Clima e il Green New Deal.
In soccorso dei giganti bianchi
Fare di tutto per contrastare la crisi climatica è un dono che facciamo alle future generazioni, che erediteranno gli effetti delle nostre scelte. Per sostenere le attività di Legambiente sui cambiamenti climatici visita la pagina sostieni.legambiente.it/carovana-ghiacciai. Con un piccolo contributo sosterrai la campagna itinerante Carovana dei Ghiacciai, le attività dell’Osservatorio sull’impatto dei mutamenti climatici e le mobilitazioni contro la crisi climatica e i nemici del clima per ottenere cambiamenti concreti dalle istituzioni.
Coldiretti: “addio ghiacciai nell’anno più caldo di sempre”
“I ghiacciai alpini si sciolgono per un 2022 che si classifica fino ad ora come l’anno più caldo mai registrato in Italia dal 1800, con una temperatura di oltre un grado (+1,06 gradi) più elevata della media storica, a conferma di un decisa tendenza al surriscaldamento della Penisola con effetti climatici e produttivi“: è quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr relativi ai primi undici mesi dell’anno in riferimento all’allarme di Legambiente alla vigilia della Giornata internazionale della montagna, di Legambiente e del Comitato Glaciologico Italiano (Cgi), che presentano il report finale di Carovana dei ghiacciai 2022.
“Si accentua quest’anno la tendenza al surriscaldamento in Italia dove la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine – precisa la Coldiretti – il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020. Il cambiamento climatico è stato accompagnato da una evidente tendenza alla tropicalizzazione che – continua la Coldiretti – si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi“.
“I ghiacciai – evidenzia la Coldiretti – sono una parte fondamentale del ciclo dell’acqua e dell’irrigazione garantendo le risorse per affrontare stagioni estive sempre più torride dove la disponibilità di acqua risulta strategica per continuare a garantire la produzione di cibo made in Italy. L’agricoltura – conclude la Coldiretti – è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici con i danni provocati dalla siccità e dal maltempo che hanno già superato quest’anno i 6 miliardi di euro“.