Gli ambasciatori degli Stati membri dell’Ue hanno raggiunto poco fa l’accordo per il price cap. Si potrà dunque imporre un tetto al prezzo del petrolio russo trasportato via nave verso Paesi terzi. Il livello fissato per l’Urals Oil, il greggio di riferimento russo per l’export, è di 60 dollari al barile (ieri quotava poco sopra i 64 dollari, secondo OilPrice.com).
L’Urals è un petrolio di qualità inferiore rispetto al Brent, il greggio del Mare del Nord che è il benchmark europeo, quindi quota solitamente al di sotto di quest’ultimo. Lo spread rispetto al Brent si è andato ampliando dopo l’invasione dell’Ucraina per effetto delle sanzioni occidentali, che hanno allontanato molti compratori, rendendolo più economico perché meno richiesto sul mercato. Il petrolio russo viene tuttora venduto a diversi Paesi, tra cui l’India: Mosca è diventata nello scorso ottobre il primo fornitore di greggio del Subcontinente, superando Paesi che tradizionalmente riforniscono Delhi, come l’Arabia Saudita e il Qatar.
Il cap dovrebbe essere attuato facendo leva sulle compagnie di shipping, di assicurazione e riassicurazione basate nell’Ue, che non potranno trasportare, assicurare o riassicurare il greggio russo destinato a Paesi extra Ue, se venduto ad un prezzo superiore. Inizia ora la procedura scritta: la misura entrerà in vigore alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue. “L’Ue è unita e al fianco dell’Ucraina“, assicura la presidenza ceca via social.