Mummia è una parola che non s’ha da dire. E’ possibile ferire i sentimenti di un cadavere di 3000 anni? A quanto pare sì, e per questo motivo nei musei si smetterà di usare la parola “mummia” per descrivere i resti degli antichi egizi. Si tratta di una questione di “rispetto“. Secondo molti direttori dei musi, in fatti, il termine è disumanizzante per coloro che sono morti. Inoltre, richiama uno sgradito ritorno al passato coloniale britannico.
La frase ora ritenuta politicamente accettabile è “persona mummificata” o “resti mummificati“. Il British Museum afferma di utilizzare quest’ultima frase per far comprende ai visitatori che stanno guardando persone che un tempo vivevano. Il Great North Museum: Hancock di Newcastle, invece, afferma di aver adottato i nuovi termini per ‘la sua donna mummificata’ Irtyru, che risale a circa 600 a.C., per riconoscere la storia dello sfruttamento coloniale e per darle il rispetto che merita. Anche il National Museums Scotland di Edimburgo ha rimosso la parola “mummia” dalle etichette sui suoi resti umani. Una portavoce ha detto: “Se conosciamo il nome di un individuo lo usiamo, altrimenti usiamo “uomo, donna, ragazzo, ragazza o persona mummificati” perché ci riferiamo a persone, non a oggetti”. “La parola “mummia” non è errata, ma è disumanizzante, mentre l’uso del termine “persona mummificata” incoraggia i nostri visitatori a pensare all’individuo“.
Mummia o mostro?
La preoccupazione dei dirigenti dei musei sta anche nel fatto che la parola sia stata collegata a mostri terrificanti, grazie a innumerevoli film horror come The Mummy del 1932. Jo Anderson del Great North Museum, ha affermato che “le leggende sulla maledizione della mummia e i film che ritraggono mostri soprannaturali, possono minare la loro umanità“.
La parola mummia è stata usata in inglese almeno dal 1615, ma pare abbia un passato coloniale in quanto deriva dalla parola araba “mummiya“, che significa “bitume“, usata come sostanza per l’imbalsamazione. Inoltre, molte mummie sono arrivate in Gran Bretagna in epoca imperiale, specialmente durante l’età vittoriana, dove c’era la tendenza a scartarle. Anderson ha sottolineato che questo ha trasformato i resti umani in esemplari o curiosità.
I pareri contrari
Non mancano, ovviamente, i critici dei nuovi termini. Jeremy Black, autore di Imperial Legacies: The British Empire Around The World, ha dichiarato che “quando i musei si tagliano fuori dalla cultura popolare, mostrano disprezzo per il modo in cui tutti noi comprendiamo parole, significati e storia. Sarebbe meglio concentrarsi sull’aiutare a creare un ambiente che incoraggi tutti a visitarli invece che assecondare una minoranza che segnala virtù“.
David Abulafia, professore emerito di storia del Mediterraneo all’Università di Cambridge, ha descritto la mossa come strana. Chris McGovern, presidente della Campagna per una vera educazione, ha dichiarato: “La maledizione della mummia sta facendo impazzire questi accademici!”
Precisazioni dai musei
Un portavoce del British Museum ha dichiarato che “il Museo non ha vietato l’uso del termine ‘mummia’“. Al contempo, però, la ricerca intrapresa dal Museo negli ultimi 10 anni si è concentrata sugli individui, osservando come vivevano e come erano preparati per l’aldilà. Questo approccio mira ad avvicinare il visitatore alle persone che vivevano lungo la Valle del Nilo, invece che ai loro corpi da defunti.
Adam Goldwater, direttore del Great North Museum: Hancock, ha affermato di voler descrivere le collezioni “in modi rispettosi”. E lo si farà attraverso la condivisione delle “informazioni dal punto di vista della loro comunità originaria“.