Una volpe è stata trovata morta questa mattina nel parco naturale regionale dei Monti Simbruini, al confine tra Lazio e Abruzzo. L’animale è stato trovato dai carabinieri forestali a Camerata Nuova, in località Campitelloni, e l’ipotesi, che potrà trovare conferma dopo le analisi sul corpo dell’animale, è che a ucciderla sia stato un boccone avvelenato. Nella stessa zona la settimana scorsa, sempre per un boccone avvelenato, è morto un cane da tartufo, mentre un altro cane è stato salvato in extremis dal padrone. Inoltre, ancora a Camerata Nuova, il cane dell’unità cinofila antiveleno dei carabinieri negli ultimi due giorni ha rinvenuto due esche avvelenate. Episodi clamorosi che stanno determinando una vera e propria strage di fauna selvatica nel cuore dell’Appennino.
”Abbiamo portato la carcassa della volpe alla Asl per l’invio all’Isitituto zooprofilattico sperimentale, che farà le analisi e i rilievi, in modo da capire la causa della morte”, dice all’Adnkronos Ettore Maceroni, comandante della stazione carabinieri Forestale di Arsoli. E si pensa già a una faida tra i cercatori di tartufo, generata dalla scarsità del tubero nei boschi dovuta alla poche piogge. I cercatori si starebbero facendo la guerra tentando di eliminare i concorrenti a scapito dei cani. Un’ipotesi su cui sono in corso le indagini degli investigatori.
“In questo periodo il fenomeno degli avvelenamenti è connesso ai tartufi – spiega all’Adnkronos Giancarlo Papitto, responsabile delle unità cinofile antiveleno dei carabinieri forestali – così come in primavera alle predazioni, con allevatori che pensano di poter proteggere le greggi dagli attacchi dei lupi diffondendo esche e bocconi avvelenati. Invece in ambito cittadino c’è chi pensa di risolvere nello stesso modo i problemi dei cani che sporcano. Ogni anno facciamo centinaia di interventi sugli avvelenamenti in tutta Italia“, sottolinea. “Il fenomeno degli avvelenamenti della fauna, sia domestica che selvatica è particolarmente diffuso“, dice Papitto, spiegando che “la concorrenza nell’ambito delle ricerche dei tartufi in determinate aree” ne è una tra le cause. “Per poter avere l’esclusività su determinati boschi si cerca di eliminare la concorrenza e alcuni cercatori di tartufi criminali usano avvelenare i cani degli altri cercatori per ridurre la concorrenza“, aggiunge. Ma la forestale vigila attentamente sul fenomeno: “Noi disponiamo di 17 unità cinofile antiveleno distribuite sul tutto il territorio e in questo periodo intensifichiamo i controlli in prossimità delle aree di sottobosco tartufigene ed è quello che stiamo facendo anche ora“, conclude Papitto.