Infermiera killer salvata in tribunale dalla statistica: accusata per errore?

Quando la cosiddetta infermiera killer era presente in ospedale il numero dei morti aumentava, ma secondo gli esperti di statitistica il 'mostro' sbattuto in prima pagina potrebbe essere 'vittima' di casualità
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L’infermiera italiana Daniela Poggiali era finita in manette per l’omicidio di due pazienti ospedalieri nel 2014. Il suo caso aveva avuto eco internazionale, attirando l’attenzione dello statistico di Leida Richard Gill. Dopo le indagini di quest’ultimo, insieme a un collega italiano, Poggiali è stata assolta nell’autunno 2021. Insieme ad altri statistici, Gill sta cercando di prevenire questo tipo di errore statistico in futuro.

Un articolo apparso su Science ha ricostruito il lavoro di Gill., che ha aperto una nuova frontiera nel suo settore. Ha infatti contetato l’uso fatto della statistica in diversi casi giudiziari. Ha inoltre fornito un contributo all’assoluzione in appello della Poggiali, accusata di essere un omicida seriale. L’infermiera, lo ricordiamo, per alcune imputazioni si trova ancora sotto processo.

Il caso Lucia De Berk, l’infermiera killer olandese

Gill ha iniziato ad interessarsi all’uso della statistica nelle aule di tribunale, con il caso di un’altra infermiera. Si tratta dell’olandese Lucia De Berk, che lavorava in un reparto pediatrico, processata per omicidio seriale nel 2003. Nel 2001, dopo che un bambino morì mentre lei era in servizio, un collega riferì ai superiori che la De Berk aveva assistito a un numero alto di morti e rianimazioni. Il personale dell’ospedale informò la polizia. Quando gli investigatori riesaminarono i registri dei turni della De Berk, trovarono 10 casi sospetti. Altri tre ospedali in cui la De Berk aveva lavorato in precedenza ne aggiunsero altri 10. La probabilità che un simile schema si fosse verificato per caso era di una su 7 miliardi, dichiarò la polizia.

Sulla base di queste motivazioni la De Berk fu arrestata il 13 dicembre 2001, sospettata di aver ucciso cinque bambini. I giornali la chiamavano “infermiera omicida” e “angelo della morte”. All’esito del processo la De Berk fu condannata in via definitiva all’ergastolo nel 2004. Alla fine del 2006, però, Gill lesse un resoconto del processo, scoprendo che errori di analisi e di utilizzo dei dati avevano portato alla condanna. A suo parere la serie di morti imputati alla De Berk poteva essere interamente dovuta a una coincidenza. Le sue conclusioni ed una relativa campagna mediatica hanno portato alla fine allo scarceramento della De Berk nel 2010.

Nuove chiavi di lettura

Da allora Gill ha lavorato a diversi casi simli tra i quali quello di Daniela Poggiali. Quest’ultima è stata accusata della morte di Rosa Calderoni, 78 anni, e di Massimo Montanari, 94 anni, deceduti entrambi all’ospedale Umberto I di Lugo, nel Ravennate, nella primavera del 2014. In un rapporto sottoposto distribuito dalla Royal Statistical Society nel settembre 2022, Gill e colleghi hanno dettagliato gli errori statistici nei processi medici da loro esaminati. Ma non solo. Hanno anche formulato raccomandazioni su come i sistemi legali possono migliorare. “Noi esseri umani siamo terribilmente bravi a vedere i modelli quando non ci sono“, afferma lo statistico Peter Green, professore emerito all’Università di Bristol e uno degli autori del rapporto RSS.

Gli investigatori a volte rafforzano questi schemi solo contando le prove che confermano la loro teoria, scartando o nemmeno notando i dati che non depongono in tal senso. Anche gli investigatori che mirano a essere imparziali possono fare scelte minori che si sommano a un quadro distorto. E perfino gli esperti di statistica coinvolti in un caso possono cadere in errore. Nel caso di Poggiali gli statistici avevano scritto che un livello molto alto di significatività statistica era una “garanzia” di “un nesso causale“. La presenza della Poggiali al momento delle morti, infatti, aveva una forte incidenza numerica. Ma questo è un noto errore di ragionamento: “La correlazione non è causalità“, dice Green.

Infermiera killer, o forse no

Gill e i suoi colleghi hanno scoperto che il tasso di mortalità in presenza della Poggiali era superiore a quello dei suoi colleghi. Quindi, l’infermiera killer poteva essere ‘vittima’ di causalità. E sono sempre stati convinti che questo poteva essere spiegato almeno in parte dalle lunghe ore di lavoro della Poggiali. Così, infatti, era inevitabile che fosse presente a più certificazioni di morte durante i passaggi di turno. E’ inolter emerso anche un difetto statistico nelle prove mediche: secondo un tossicologo la concentrazione di potassio trovata in uno degli occhi della vittima era inaspettatamente alta, suggerendo avvelenamento da cloruro di potassio. Ma questo non aveva tenuto conto di alcuna incertezza statistica nei dati sui livelli attesi di potassio.

Per evitare che situazioni simili si ripropongano il rapporto RSS raccomanda che gli investigatori adottino precauzioni per valutare le situazione da “ciechi“. Ad esempio, i patologi dovrebbero classificare le morti come sospette o meno senza sapere quale personale medico era presente. Andrebbero dunque adattati i metodi di valutazione in cieco standardizzati utilizzati in epidemiologia per studiare i focolai di malattie. L’articolo pubblicato su Science, però, ammonisce questa proposta: non trova concordi tutti gli operatori dei procedimenti criminali, soprattutto per la grande mole di tempo e di energia che comporterebbe.

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