Secondo quanto riportano nelle ultime ore le principali agenzie di stampa, le condizioni di ‘Andrea Bonafede’, alias di Matteo Messina Denaro, sono molto serie: la sua cartella clinica e il foglio di dimissioni dell’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo (Trapani) denotavano un quadro clinico complicato già il 24 novembre 2020, all’esito di un intervento chirurgico risalente al 17 dello stesso mese. L’esame istologico del colon parlava di “adenocarcinoma mucinoso” e di una neoplasia particolarmente invadente, che si infiltrava nella “parete del viscere a tutto spessore“.
Le successive cure del boss, effettuate alla clinica La Maddalena di Palermo, avevano comportato trattamenti chemioterapici importanti: a detta dei medici che lo hanno avuto in cura, il paziente Bonafede–Messina Denaro è in condizioni tutt’altro che ottimali. La prenotazione per il trattamento in clinica a Palermo era registrata a nome di Andrea Bonafede e la cartella clinica era quindi riferita a quest’ultimo. Si tratta di un documento individuale che raccoglie le informazioni personali, anagrafiche e cliniche significative relative a un paziente e a singoli episodi di ricovero, necessarie a rilevare un percorso diagnostico-terapeutico e determinare le giuste cure da somministrare.
Ieri mattina Messina Denaro, vestito molto elegantemente, ha inizialmente provato a fuggire alla vista dei carabinieri ed è stato facilmente raggiunto quando si è arreso senza opporre alcuna resistenza e ha ammesso la propria reale identità. Gli inquirenti in conferenza stampa hanno rilevato come il latitante apparentemente fosse in buone condizioni fisiche e di salute.
Oggi per lo storico boss di Cosa Nostra è stata la prima giornata in carcere nel penitenziario di L’Aquila. Il garante dei detenuti dell’Abruzzo, Gianmarco Cifaldi, ha chiarito subito che “la macchina si è mossa in modo repentino” per l’assistenza sanitaria al detenuto. “Stamattina è stato fatto un consulto con medici specialistici per seguire la posologia terapeutica – ha aggiunto Cifaldi spiegando che per la cartella clinica, “non avendo uno storico del detenuto sanitario, non avendola il medico di base e quello che lo stava seguendo, non ce l’hanno il medico della Asl e del carcere: dobbiamo quindi ricostruirla sia con l’anamnesi sia con gli accertamenti che stanno facendo da questa mattina” rimarcando che bisogna capire se i medicinali siano quelli giusti o se sia allergico a qualcosa. “Ci può essere anche un medicinale molto aggressivo che può creare reazioni allergiche e si deve scongiurare questo tipo di cose. Per quanto riguarda Messina Denaro abbiamo un trattamento regolare così come per ogni ristretto e in particolar modo per uno affetto da patologia tumorale, come quella del Colon, abbastanza aggressiva“, ha aggiunto. Nel carcere aquilano c’è anche un altro detenuto al 41 bis seguito per un tumore alla prostata.
Sempre oggi il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha firmato il 41 bis per l’ex latitante affetto da cancro al colon 24 ore dopo l’arresto dello stesso nella clinica La Maddalena di Palermo. “Avrà l’accesso a tutte le cure come succede per ogni detenuto nelle sue condizioni“, assicura Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, contattato da LaPresse. “Verrà riorganizzata quanto prima la terapia che ieri non ha potuto effettuare – aggiunge – Si tratterà di capire solo se la potrà fare in carcere o meno“. Come si cura un malato oncologico in carcere? Da quanto si apprende da fonti nella sanità penitenziaria in Italia non esistono istituti in cui è possibile eseguire cure o prestazioni oncologiche in day hospital all’interno, ma ci sono 5 città con ospedali dotati di reparti di medicina penitenziaria a sorveglianza rafforzata. In alcuni casi posti anche con posti letto dedicati al 41 bis, come a Milano con l’ospedale San Paolo, dove il reparto è anche fisicamente separato da quello per i detenuti comuni. Gli altri sono Roma al Pertini, Napoli, Catania e Viterbo, con quest’ultimo orientato in senso infettivologico e che spesso trasferisce altrove pazienti-detenuti con patologie diverse come quelle tumorali. Per detenuti in regime di carcere duro come Messina Denaro anche gli eventuali trasferimenti vengono trattati con una logistica differente: a occuparsene sono le forze speciali del GOM della polizia penitenziaria (Gruppo operativo mobile) direttamente riferibili al Dap, e non all’istituto carcerario di provenienza, che intervengono in un numero ritenuto congruo rispetto al ‘calibro’ del personaggio da scortare, rafforzando anche la sorveglianza negli ospedali stessi. La loro presenza rende necessari alcuni accorgimenti: in caso di esami radiologici come Tac o risonanze magnetiche (da effettuare in reparti ordinari) si cercano orari esterni rispetto al flusso dei cittadini comuni (mattina presto, sera tardi) per non interferire con la normale programmazione, evitare di far sapere chi sia il soggetto in ospedale e perché la presenza di uomini armati potrebbe intimorire i cittadini-pazienti. Tra le prassi ‘informali’ nel mondo della medicina penitenziaria anche quella di registrare il detenuto 41-bis con nomi ‘alias’ o codici identificativi. Più in generale a livello di carceri dotati di Sai (Servizio di Assistenza Intensiva), come Milano e Parma, quello di Opera, a due passi dal capoluogo lombardo, è l’unico caso in cui vengono effettuate dialisi all’interno per patologie croniche. Per restare all’oncologia, qui tre detenuti sottoposti a carcere duro hanno avuto la possibilità di effetturare trapianti di fegato per epatocarcinoma. Sono tutti e tre vivi ancora oggi. Nodi su cui si interroga il sistema dell’amministrazione penitenziaria nelle ore in cui il capo mandamento di Castelvetrano e ‘pupillo’ di Toto Riina è stato portato in carcere a l’Aquila. Lì i medici hanno analizzato per tutta la giornata le condizioni sanitarie della ‘primula rossa’ di Cosa Nostra per arrivare a ricostruire una prima cartella clinica del boss. Fino a oggi si sapeva come stava Andrea Bonafede – nome fittizio con cui si è nascosto in Sicilia – ma nulla dello stato di salute effettivo di Matteo Messina Denaro.
Intanto il boss è nel carcere di L’Aquila, appunto, dove dei 160 detenuti, circa 140 sono al 41 bis e c’è l’unica sezione femminile italiana per il ‘carcere duro’. “Sale riservate, preparate ad hoc per chi è isolato. Una struttura davvero efficiente con personale di polizia penitenziaria professionale e anche selezionato“, lo ha descritto il segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), Donato Capece. Nell’istituto detentivo si contano un centinaio di uomini del Gruppo operativo mobile (Gom) e circa 17 agenti di polizia penitenziaria operativi per la popolazione carceraria.Il boss è in regime di alta sicurezza, con sorveglianza a vista. Nei prossimi giorni, probabilmente anche domani, è previsto l’interrogatorio di garanzia.