L’Anbi, l’Associazione nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, ha certificato che è impossibile recuperare il deficit idrico dell’Italia con gli attuali apporti pluviali. La pioggia e la neve cadute non bastano a colmare la carenza d’acqua. A soffrire di più per la siccità sono i grandi laghi del Nord, che rappresentano la più importante riserva idrica del Paese: tutti sono sotto la media e la loro percentuale di riempimento è inferiore a quella di gennaio 2022.
Francesco Vincenzi, Presidente di Anbi, ha parlato di alcune possibili soluzioni per affrontare il problema siccità. Una di queste è il Piano Laghetti, “un’opera indispensabile non solo per l’agricoltura” del nostro Paese, “ma per tutti i cittadini. Insieme all’innovazione e alle misure per ridurre l’impatto, è una risposta ai cambiamenti climatici”, ha dichiarato Vincenzi a GEA. Da tempo, Anbi e Coldiretti spingono affinché si parta “con urgenza, sia per la parte di finanziamento, sia per la parte burocratica. Devono essere velocizzati tutti gli iter necessari alla progettazione”.
A fine novembre, il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, aveva annunciato di voler avviare un tavolo dedicato al Piano acque, attorno al quale “si siederanno tutti” i soggetti coinvolti e di voler sbloccare “nelle prossime settimane” tutti i progetti di dighe e invasi che “permettono agli agricoltori di fare agricoltura anche quando non piove, perché non si può dipendere dal meteo”. “In questi mesi – spiega Vincenzi – abbiamo avuto diverse interlocuzioni” con il governo, “ma la convocazione non è ancora arrivata”.
Il Piano Laghetti punta a realizzare 10mila invasi medio-piccoli entro il 2030, in zone collinari e di pianura, con l’obiettivo di limitare i danni causati dalla siccità dovuta al cambiamento climatico. Per affrontare la questione, dice a GEA Vincenzi, “serve un piano straordinario pluriennale di investimenti di 10 miliardi, uno all’anno per 10 anni, grazie anche a fondi europei”. Un piano che potrebbe consentire al nostro Paese di recuperare il 35% dell’acqua piovana “come avviene già in altri Paesi europei”, invece del 10% di oggi.
Il piano non risolverebbe certo il grave deficit idrico in pochi mesi, ma sono circa 260 “gli interventi già cantierabili”, dice il Presidente di Anbi. Opere che consentirebbero di trattenere oltre 600 milioni di metri cubi di acqua, garantirebbero lavoro per 16.300 persone e allargherebbero le superfici irrigabili di 435.000 ettari. Questo, però, “va affiancato a una costante ricerca nell’ottimizzazione irrigua, senza dimenticare l’efficientamento delle reti idriche e le possibilità di utilizzo delle acque reflue“, aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di Anbi.