Se è in crescita il bisogno di materie prime, la nuova frontiera è l’estrazione di minerali dagli asteroidi. “L’umanità ha sempre più bisogno di materie prime e, davanti all’assottigliarsi delle risorse minerarie classiche, combinato con l’impatto ambientale delle attività di estrazione, insegue soluzioni alternative. La nuova frontiera dei cercatori di metalli preziosi, o meglio, di quelli più richiesti dal mercato, si è spostata in due luoghi molto diversi, in potenza promettenti, ma ugualmente difficili da raggiungere: le profondità marine e quelle spaziali“. A sottolinearlo è l’astrofisica Patrizia Caraveo in un suo intervento su “Forbes”.
Riguardo l’attività mineraria sul fondo degli oceani, spiega Caraveo, “non si tratta di scavare miniere, ma di raccogliere noduli polimetallici, grossomodo delle dimensioni di una patata, che si sono formati nel corso delle ere geologiche grazie all’attività dei vulcani sottomarini. Centinaia di miliardi di tonnellate di manganese, nichel, rame, cobalto, ferro, silicio, alluminio”. “L’Eldorado sottomarino è una vasta regione dell’oceano Pacifico, a 4mila metri di profondità tra il Messico e le Hawaii, nota come Clarion Clipperton Zone, o Ccz”, scrive ancora Caraveo, sottolineando i problemi ambientali ed i costi di queste ‘raccolte’.
“Questo problema ecologico scompare, o diventa irrilevante, se si considera l’estrazione di materiali dai corpi celesti, in particolare dagli asteroidi metallici. Non che il lavoro di prospezione ed estrazione sia più semplice e meno dispendioso, ma la quantità di metalli interessanti è tale da rendere appetibile l’impresa. Occorre dire che gli asteroidi metallici sono una piccola frazione della popolazione degli asteroidi nel nostro sistema solare, per la maggior parte di tipo roccioso e carbonioso, ma, se si trova quello giusto, le prospettive economiche sono enormi”, conclude Caraveo.