“Questo è senza dubbio il più grande disastro naturale che abbiamo visto probabilmente in questo secolo” in Nuova Zelanda, ha detto il Primo Ministro Chris Hipkins, riferendosi al ciclone Gabrielle che si è abbattuto sul Paese il 13 febbraio. A causa del ciclone, sono state evacuate 10.000 persone, mentre si sono persi i contatti con circa 4.500 altre.
Oltre ad una diffusa distruzione, il ciclone Gabrielle ha provocato anche morte in Nuova Zelanda. Con il ritrovamento del corpo di una bimba di due anni, è salito ad 8 il numero delle persone morte a causa della tempesta. Gabrielle ha danneggiato centinaia di antenne di telefoni cellulari e Hipkins, citato da BBC News online, ha affermato che molte delle migliaia di persone non contattabili saranno probabilmente trovate vive. Ma ha avvertito che le persone devono “prepararsi” ad altre vittime.
In un post su Facebook, la famiglia della piccola vittima ha raccontato una scena terribile vissuta nella loro casa, che si trova nella zona più colpita di Hawke’s Bay. “L’acqua si trovava a circa 10 centimetri dal soffitto” dopo “essere salita in modo estremamente rapido e violento”, ha scritto ieri Ella Louise Collins, la madre. La famiglia, composta da quattro persone, ha cercato di rifugiarsi sul tetto del vicino, ma è stata bloccata da quello che la signora Collins ha descritto come “un torrente d’acqua che ci ha quasi annegati tutti”. Sua figlia di due anni, Ivy, non è sopravvissuta. “È morta molto in fretta“, portata via dalle onde.
Hipkins ha visitato oggi l’area di Hawke’s Bay, dicendo che “ci sono persone che si trovano in uno stato molto, molto precario”. Circa 10.000 persone sono state sfollate, intere città sono ancora senza elettricità e acqua potabile, secondo i dati del governo locale. Le autorità hanno anche affermato che 62.000 case in tutto il Paese sono ancora senza elettricità. L’esercito ha dispiegato nei giorni scorsi elicotteri per consegnare cibo e generi di prima necessità nelle zone isolate. Di fronte all’entità del disastro, Chris Hipkins ha anche affermato di aver accettato le offerte di aiuti internazionali, dopo averle inizialmente rifiutate.