Nel “Natural hybridization reduces vulnerability to climate change” pubblicato di recente sulla rivista scientifica “Nature” è stato sottolineato come, in risposta al riscaldamento globale, alcune specie animali hanno registrato variazioni genomiche, per adattarsi all’incremento delle temperature dei loro habitat.
Le previsioni future della vulnerabilità genomica degli animali sono servite per identificare quali siano le popolazioni animali che mancano di cambiamenti intraspecifici sufficienti al loro adattamento.
In questo contesto di applicazione, l’ibridazione può essere la spinta positiva che favorisce variazioni adattive che non sono mai state studiate finora in modo approfondito nelle ricerche scientifiche sulla vulnerabilità genomica. In questo scenario è interessante osservare la vulnerabilità genomica della specie dei pesci arcobaleno (Melanotaenia praecox) nei Tropici. Sovrapposizioni generali sono state registrate tra le regioni genomiche introgressive e adattive che risultano coerenti a un segnale di introgressione adattiva.
I risultati di questo studio sono in grado evidenziare il troppo sottovalutato valore in termine di capacità conservativa delle popolazioni ibride e indicano che l’adattamento introgressivo può contribuire al salvataggio evolutivo di questa specie. e non solo, ai cambiamenti climatici.
Le condizioni ambientali sperimentate dalle specie in tutta la loro
storia evolutiva contribuiscono a determinare la loro nicchia di oggi e influenzano in quale modalità potranno espandersi nell’ambiente di riferimento.
A livello ancestrale, l’andamento della variazione genetica attuale
rappresenta una componente chiave del potenziale evolutivo di una specie: da un lato la specie che si evolve in ristrette gamme ambientali può mancare di una variabilità genomica necessaria per l’adattamento. in un ambiente in evoluzione; d’altra parte, le specie generaliste tollerano una gamma molto più ampia di condizioni ideali per rispondere ai rapidi cambiamenti climatici.
Nel prevedere la vulnerabilità delle specie ai rapidi cambiamenti climatici, sono tre le risposte evolutive che si possono osservare: l’adattamento genetico, la dispersione in un ambiente più adatto o l’acclimatazione all’ambiente alterato attraverso la plasticità fenotipica. Un’alternativa a queste risposte evolutive, che rappresenta probabilmente un meccanismo evolutivo meno approfondito, è l’introgressione interspecifica dopo l’ibridazione. Questo fenomeno consiste nel trasferimento di materiale genetico da una specie all’altra dopo ripetuti incroci. Attraverso questo processo, le specie vulnerabili possono adottare e sfruttare aspetti della storia evolutiva delle specie più adatte al cambiamento climatico.
Il ruolo delle popolazioni ibride nella conservazione è controverso,
a causa delle preoccupazioni circa la diluizione dell’integrità genetica delle specie parentali. L’ibridazione può potenzialmente aumentare il rischio di estinzione attraverso la fuoriuscita degli esemplari dal gruppo, in particolare, nelle popolazioni dei pesci nelle palude, portando a disturbi di fertilità e disturbi di adattamento con un consequenziale deficit del pool genetico stesso della specie.
Le conseguenze a livello genetico del cambiamento climatico cambia da caso a caso, e potrebbe divenire meno preoccupante se si creano le condizioni ideali per favorire un’ibridazione naturale più prolungata nel tempo. Ciò ha portato a prendere in considerazione l’importanza di un intervento mirato da parte dell’uomo a livello legislativo e politico, volto a preservare la conservazione genomica di queste specie a rischio.
Le zone ibride potrebbero potenzialmente facilitare il salvataggio evolutivo di molte specie minacciate dal cambiamento climatico.
Per questo studio scientifico sono state utilizzate metodologie statistiche, anche se l’approccio utilizzato tiene conto di un set di pool genetici. L’obiettivo di una simile ricerca è costituire un modello statistico che sottolinea la correlazione tra variazione genetica adattativa e l’ambiente attuale. In secondo luogo, questo modello serve per sottolineare il cambiamento nelle frequenze dell’allele nella risposta evolutiva alle condizioni climatiche che stanno mutando (si parla anche di offset genomico).
In aggiunta alla stima della quantità di questi cambiamenti evolutivi intraspecifici, è altrettanto importante capire la capacità di questa specie di mutare in modo naturale al cambiamento del clima. Questa secondo componente, raramente valutata in studi di vulnerabilità genomica, dipende dalla natura degli alleli adattivi presenti in una popolazione tipo. La maggior parte degli studi si sono concentrati sui fattori abiotici che influenzano la vulnerabilità genomica, anche nelle interazioni tra specie e specie. I pesci arcobaleno (Melanotaenia praecox) si raccolgono in gruppi demograficamente popolati: si tratta di piccoli pesci che trovano il loro habitat ideale delle correnti di acqua dolce nel continente australiano. La loro capacità di adattamento per rispondere al cambiamento climatico sembra essere determinato biogeograficamente e i loro modelli di adattamento nel loro habitat sono collegati in modo divergente a gradienti idro-climatici e termici tipici del loro habitat. Se esposti sperimentalmente a temperature che possono essere ipotizzate per il futuro nel loro habitat, i pesci arcobaleni mostrano la capacità tollerare temperature più alte, dimostrando una straordinaria capacità di adattamento.
Questi pesci mostrano anche differenze a livello di gamma genotipica e associazioni ambientali legate alle variazioni stagionali di intensità della corrente e della temperatura, nonché ai tratti fenotipici che influenzano il loro benessere che li renderà in grado di adattarsi sul lungo termine al riscaldamento globale.