Terremoto, lo sciame sismico di Siena e i precedenti storici: in passato scosse di magnitudo superiore a 6

L'INGV fa il punto della situazione sullo sciame sismico iniziato ieri sera a Siena: i precedenti storici e le curiosità
MeteoWeb

Dalla serata di ieri, 8 febbraio 2023, la Rete Sismica Nazionale ha registrato una serie di eventi sismici localizzati nelle vicinanze della città di Siena. Il terremoto di magnitudo maggiore, il primo della sequenza, è avvenuto alle ore 21:51 italiane, ML 3.5, ed è stato nettamente avvertito dalla cittadinanza. Infatti, dalla mappa preliminare degli effetti di questo terremoto ottenuta con quasi 1000 questionari inviati al sito http://www.hsit.it, si notano risentimenti fino al IV grado MCS.

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Figura 1 – Mappa dei risentimenti del terremoto dell’8 febbraio 2023, magnitudo 3.5 (www.hsit.it)

Secondo lo studio pubblicato presso l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) a cura di Maurizio Pignone (INGV-ONT), Filippo Bernardini (INGV-BO) e Viviana Castelli (INGV-BO).

Alle ore 15 di oggi, 9 febbraio, gli eventi localizzati nell’area dopo il terremoto di magnitudo 3.5, sono 64, tutti di magnitudo bassa (tra 1.2 e 2.8); nessun altro terremoto ha raggiunto magnitudo 3.0.

Figura 2 – La sismicità registrata nei pressi della città di Siena nei giorni 8 e 9 febbraio 2023.

Sismicità storica di Siena

Il terremoto a Siena non giunge certo inaspettato, anzi si può per certi versi dire che sia “di casa”.

La sismicità è infatti ben presente e diffusa in tutta la provincia di Siena, sebbene con eventi molto meno forti di quelli che avvengono lungo la fascia appenninica (Garfagnana-Lunigiana, Mugello, Alta Valtiberina, dove le magnitudo storicamente hanno raggiunto, e a volte anche superato, la soglia di magnmiMw 6.0). Nella parte settentrionale della provincia troviamo i terremoti del Chianti e quelli a ridosso della stessa città, come quelli delle ultime ore. A S-SE di Siena ci sono i terremoti della Val d’Orcia e delle Crete Senesi. Ancora più a sud una diffusa sismicità caratterizza l’area attorno al Monte Amiata

La città di Siena ha una storia sismica ricca e documentata, conosciuta a partire dal 1320 (anno del primo terremoto noto in catalogo) e caratterizzata da scosse che nel corso dei secoli non hanno mai raggiunto intensità distruttive, ma sono state relativamente frequenti.

Nel database macrosismico DBMI15 sono elencati ben 25 risentimenti sismici a Siena con intensità uguale o superiore al grado VI MCS (la soglia del danno); le intensità massime storicamente non hanno mai superato il grado VII MCS. Si tratta in genere di terremoti locali, con epicentro nei pressi della città o poco lontano, proprio come quelli di queste ore.

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Figura 3 – Storia sismica di Siena da Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI15.

Analisi storica sismica di Siena

L’analisi della storia sismica di Siena indica che gli eventi che più significativi sono di due tipi:

1) veri e propri sciami sismici, formati da numerose scosse di energia in genere modesta o al più moderata, senza un evento che possa definirsi “principale” (cioè riconoscibilmente più forte degli altri), che possono susseguirsi per settimane o anche mesi, causando forte preoccupazione nella popolazione (fino all’abbandono delle case) e che possono finire per causare qualche danno dovuto, però, più a un effetto di cumulo delle sollecitazioni che all’effettiva entità delle singole scosse.

Un classico esempio è il terremoto del 1467, raffigurato in una notissima “tavoletta di Biccherna” (nome che si dava alle copertine dei registri dell’omonima magistratura finanziaria del Comune di Siena) che mostra la città abbandonata dagli abitanti andati a vivere in tende e capanne fuori dalle mura.

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Figura 4 – Francesco di Giorgio Martini (attr.), La Madonna protegge Siena in tempo di terremoti (1467), Archivio di Stato di Siena, Museo delle Tavolette di Biccherna.

2) sequenze composte da un evento principale di maggiore energia, seguito da poche scosse molto più deboli e distribuite in un periodo di tempo limitato (uno o pochi giorni). Gli effetti sismici massimi osservati a Siena (VII grado MCS) sono dovuti a terremoti di questo secondo tipo, il più famoso dei quali è quello del 26 maggio 1798. Quasi tutti i palazzi, chiese e conventi della città, come pure le case di comune abitazione, subirono danni più o meno gravi (lesioni, crolli di volte e camini, dissesti di facciate e pilastri). I restauri andarono avanti per alcuni anni. Il Duomo, gravemente danneggiato, rimase chiuso e inagibile per tre anni (per un approfondimento sul terremoto senese del 1798 si veda https://ingvterremoti.com/2016/05/26/i-terremoti-nella-storia-26-maggio-1798-un-terremoto-di-fine-secolo-xviii-a-siena/).

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Figura 5 – Distribuzione degli effetti del terremoto senese del 26 maggio 1798, che in città raggiunse un’intensità macrosismica pari al grado VII della scala MCS, causando danni diffusi.

La sequenza iniziata nella tarda serata dell’8 febbraio 2023, e al momento ancora in corso, appartiene al primo tipo di terremoti senesi “caratteristici”. L’ultimo episodio simile nella storia sismica di Siena risale al 1956. Anche allora le scosse cominciarono di notte, nella tarda sera del 22 febbraio, e proseguirono nella giornata successiva del 23 febbraio.

Il sismografo del locale osservatorio dei Cappuccini di Poggio al Vento ne registrò 41, quasi tutte leggere tranne un paio che potrebbero aver sfiorato il grado VI MCS, causando danni lievi e sporadici (caduta di qualche comignolo e lesioni in alcune case). Inutile dire che anche in quell’occasione le scosse allarmarono terribilmente la popolazione inducendo molti senesi a passare il resto della notte all’addiaccio malgrado le temperature polari. Infatti, quell’anno l’Italia era stata colpita da fortissime nevicate che investirono perfino Roma, caso tanto raro da meritare di essere immortalate in una canzone (Rascel, Nevicava a Roma) e un film (Ettore Scola, La famiglia). In quell’occasione le scosse senesi finirono presto e la gente tornò a occuparsi dei più pressanti problemi legati al freddo e ai bisogni da esso generati negli strati più deboli della popolazione.

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