In un intervista Ansa rilasciata a Stefan Wallisch, lo scialpinista veneto Carluccio Sartori, sopravvissuto ad una valanga dopo un’escursione in Val Badia, parla della sua lotta contro la morte dal suo letto nel reparto di terapia intensiva dell’Ospedale di Bolzano.
Dopo essere stato salvato dai soccorritori ha raccontato alla stampa come è riuscito gestire emotivamente la paura di morire, sopravvivendo ad una valanga per il tempo lunghissimo di oltre 20 interminabili ore.
Il suo mantra è stato: “Non devo addormentarmi“, e così ha fatto, nonostante il principio di assideramento e l’inevitabile torpore, avendo raggiunto addirittura la temperatura corporea di 24°C. Il racconto di Carluccio Sartori ha dell’incredibile: sapeva che doveva assolutamente controllare le sue emozioni, tenendo a bada la paura di non farcela e di non rivedere i propri cari e le ore notturne sono state le più difficili da affrontare, quando la temperatura ha raggiunto i -10°C.
La valanga lo ha messo in pericolo ma ha contribuito in qualche modo a tenerlo in vita prima dell’arrivo dei soccorsi, grazie all’effetto igloo che si è creato dopo la slavina e che ha istaurato condizioni tali da consentirgli di sopravvivere. Quando è stato ritrovato era sotto shock, ma era comunque in grado di parlare e di pronunciare il suo nome. Adesso sta bene ed è grato di avercela fatta: nonostante sia ateo, ha invocato tutto il tempo la madre.
Colto da una valanga durante un’escursione
Sartori era partito il 26 gennaio mattina per un’escursione ma di lui si erano perse le tracce: non era rientrato nel tardo pomeriggio al Camping Sass Dlacia a San Cassiano dove avrebbe passato la notte e la famiglia, non avendo notizie di lui, aveva allertato i soccorsi. Le ricerche da parte delle squadre del soccorso alpino di Alta Badia e San Cassiano, ma non avevano portato alcun esito: infatti, lo scialpinista non aveva rivelato a nessuno il percorso che aveva pianificato.
“Nuotavo per restare a galla”
Quella mattina Carluccio stava salendo verso il Setsass, quando improvvisamente è stato travolto da una slavina. Sartori ha dimostrato una grande forza di volontà, un inaudito autocontrollo e una risonante voglia di vivere. Poche persone possono dire di essersi avvicinate a tal punto alla morte: quando la valanga si è arrestata, Sartori ha istintivamente iniziato a nuotare per restare a galla, nonostante i dolori alla spalla e il peso dello zaino che tendeva a frenare ogni movimento.
Un’altra intuizione è stata indurire i muscoli perché temeva che le masse nervose potessero provocare la rottura degli arti. E’ stato così che Sartori si è riuscito a liberarsi dalla neve che lo ricopriva con l’unico braccio libero, anche cercando aiuto a gran voce aiuto inutilmente; non è riuscito ad attivare neanche i comandi di Siri dell’Apple watch.
Lo scialpinista cinquantaquattrenne era consapevole che sarebbe morto se avesse ceduto al sonno, e ha avuto la lucidità di fare una micro ginnastica continua, muovendo incessantemente sotto la neve un arto dopo l’altro. La neve a contatto con il calore del corpo si è sciolta e ha allentato la stretta micidiale che aveva inizialmente, permettendo allo scialpinista di liberare l’altro braccio.
Poi finalmente sono arrivati i soccorsi e ha capito di essere salvo
Quando ha sentito il rumore dell’elicottero dei soccorsi ha capito che era salvo: quando è stato ritrovato era in gravi condizioni, quasi assiderato, ma vivo grazie all’Arva, una ricetrasmittente di segnale che funziona sulla frequenza di 457 kHz che rappresenta uno strumento salva-vita per gli escursionisti in montagna che segnala e localizza le persone sotto le slavine. Poi è stato trasportato d’urgenza all’ospedale ‘San Maurizio’ di Bolzano.
Sartori era allenato e aveva fatto prima di quel giorno molte escursioni ma adesso dichiara di non aver voglia di farne altre nel breve termine e ha dichiarato che ricorderà quella notte ogni qual volta vedrà il Gran Carro e il cielo stellato.