Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna sono nella top 10 (rispettivamente al 4°, 5° e 8° posto) delle regioni europee più esposte agli eventi meteorologici estremi e al cambiamento climatico nel 2050. Lo afferma la prima analisi globale del patrimonio immobiliare e del territorio compiuta per gli investitori da XDI (The Cross Dependency Initiative), tra i leader mondiali nell’analisi del rischio climatico fisico. L’analisi indica che l’Italia, la Germania e la Russia hanno più regioni nella top 10 di quelle più a rischio d’Europa. La Lombardia, al 5° posto, ha la seconda economia regionale dell’Ue (366 miliardi) nel 2020.
L’analisi di XDI
I rischi principali che causano danni in Europa sono le inondazioni fluviali e superficiali o le inondazioni combinate con l’inondazione costiera, fra gli otto pericoli climatici estremi insieme con caldo estremo, incendi boschivi, movimenti del suolo (legati alla siccità), vento estremo e congelamento, spiega XDI. Sulla base di questi otto fattori si calcola il rischio climatico interno lordo. Il dataset XDI ‘Gross Domestic Climate Risk’ mette a confronto oltre 2.600 regioni (o altre entità substatali) di tutto il mondo in base alle proiezioni dei danni agli edifici e alle proprietà causati da eventi estremi e mette in luce la vulnerabilità dei centri economici.
I risultati
Il confronto del rischio fisico in relazione al clima per il 2050 in Europa ha rilevato che la Bassa Sassonia in Germania, le Fiandre in Belgio, Krasnodar in Russia e il Veneto e la Lombardia in Italia sono le regioni europee ai primi posti in classifica e rientrano nella top 100 delle regioni più a rischio del mondo. “Questi risultati sottolineano l’importanza di valutare il rischio climatico fisico nei mercati finanziari, compresi i mercati obbligazionari, data l’entità degli investimenti di capitale rappresentati dagli asset a rischio nelle regioni individuate, la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali e la necessità di informare gli investimenti sulla resilienza climatica”, ha dichiarato Rohan Hamden, Ceo di XDI, aggiungendo che “è fondamentale che le aziende, i governi e gli investitori comprendano le implicazioni finanziarie ed economiche del rischio climatico fisico e lo soppesino nel loro processo decisionale prima che i costi si aggravino oltre i limiti finanziari”.
Luca Iacoboni, responsabile programmi nazionali di Ecco, think tank italiano per il clima, osserva che “il costo dell’inazione è di gran lunga più alto di quello che si dovrebbe sostenere per mettere in campo efficaci azioni di mitigazione e adattamento”. Suggerisce quindi di “allineare gli investimenti pubblici e incentivare quelli privati verso la vera decarbonizzazione” e “la revisione del PNRR e del PNIEC dovrà fornire segnali importanti per il settore privato e gli investitori”.
In Cina, India e Stati Uniti il 50% del rischio climatico
A livello globale, Cina, India e Stati Uniti insieme rappresentano oltre il 50% degli Stati presenti nella top 100 della classifica del rischio climatico interno lordo. Tra i centri economici altamente sviluppati e di rilevanza globale presenti nella top 100 figurano, tra gli altri, Buenos Aires, San Paolo, Giacarta, Pechino, Taiwan e Mumbai. L’analisi rileva la vulnerabilità dei centri economici in Europa di Londra, Monaco e Anversa e Milano che si trovano in alcune delle regioni europee più a rischio. Il Sud-Est asiatico registra la maggiore escalation di danni dal 1990 al 2050 in tutto il mondo.
“Ora, per la prima volta, il settore finanziario può confrontare direttamente Mumbai, New York e Berlino utilizzando una metodologia simile“, ha dichiarato Hamden. A Inverness, in Scozia, si registra il maggiore aumento del rischio di danni in Europa, con un incremento di oltre tre volte dal 1990 al 2050. Anche Norvegia, Russia, Inghilterra e Paesi Bassi registrano aumenti significativi del rischio di danni in più stati. Per la Grande Londra in particolare, la modellazione ipotizza che lo sbarramento del Tamigi potrebbe non essere in grado di tenere il passo con l’aumento del livello del mare e l’inondazione costiera potrebbe coincidere con il rischio di inondazioni estreme.