In base alle modellazioni preliminari dell’USGS, il terremoto di magnitudo 7.8 che ieri notte ha colpito la Turchia, ha provocato la rottura di un segmento della faglia orientale anatolica lungo almeno 190 chilometri. La faglia ha subito un movimento orizzontale di circa 3 metri, come confermato dall’INGV. La successiva scossa di magnitudo 7.5 di ieri mattina ha invece provocato la rottura di un segmento della faglia di Çardak lungo circa 50 chilometri. In questo caso il suolo ha subito uno spostamento massimo di 10 metri. Adesso gli esperti attendono conferme definitive dai dati satellitari che arriveranno nei prossimi giorni.
Il terremoto è avvenuto in una zona altamente sismica, punto d’incontro della placca Est anatolica, di quella Arabica e dell’Africana, con la prima che viene schiacciata dalla placca Arabica e spinta a Ovest verso l’Egeo. Si è attivata una delle faglie che attraversano la Turchia, quella Sud-Est anatolica, che è una delle più attive nel Medio Oriente, insieme a quella del Mar Morto che attraversa Siria, Libano, Israele e Giordania e che separa la placca Araba da quella Africana.
A causare lo slittamento è stato un movimento “di tipo transpressivo”, vale a dire che lungo la faglia il suolo si è spostato in senso orizzontale, con una consequenziale compressione avvenuta fra la placca Anatolica e quella Araba. Lo spostamento di tre metri è una prima stima”, osserva il presidente dell‘Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia .
Lunga circa 200 chilometri, la faglia Sud-Est anatolica lambisce la Siria e corre dal Mediterraneo verso Nord-Est, quasi fino al Mar Nero, ricongiungendosi con la faglia Nord Anatolica che arriva fino a Istanbul“, dice Alessandro Amato, sismologo e direttore del Centro Tsunami dell’Ingv. La faglia è probabilmente arrivata a deformare la costa. Si sono infatti osservate anomalie nel livello del mare in tre punti, in Turchia e a Cipro, che hanno fatto scattare l’allerta Tsunami.