Il pianeta Saturno è facilmente riconoscibile per il suo sontuoso sistema di anelli che può essere facilmente visto anche grazie ad un piccolo telescopio. Gli astronomi hanno ora scoperto che gli anelli non sono così tranquilli come sembrano: una pioggia di particelle ghiacciate sta influenzando il clima del pianeta. Ci sono volute le osservazioni di Saturno da parte del telescopio spaziale Hubble di NASA/ESA e della sonda Cassini di NASA/ESA/ASI in pensione, oltre alle sonde Voyager 1 e 2 e alla missione International Ultraviolet Explorer in pensione, per mettere tutti i pezzi del puzzle insieme.
La prova rivelatrice è un eccesso di radiazione ultravioletta, vista come una linea spettrale di idrogeno caldo nell’atmosfera di Saturno. La spiegazione più plausibile è che il riscaldamento sia causato da particelle ghiacciate dagli anelli che piovono sull’atmosfera di Saturno. Questa pioggia potrebbe essere dovuta all’impatto di micrometeoriti, al bombardamento di particelle di vento solare, alla radiazione solare ultravioletta o alle forze elettromagnetiche che raccolgono polvere caricata elettricamente.
Uno studio da 4 missioni
Un nuovo studio ha riunito osservazioni d’archivio della luce ultravioletta (UV) da quattro missioni spaziali che hanno studiato Saturno. Ciò includeva le osservazioni delle due sonde Voyager che volarono su Saturno negli anni ’80 e misurarono l’eccesso di UV: all’epoca, gli astronomi archiviarono le misurazioni come rumore nei rivelatori. Anche la missione Cassini, arrivata su Saturno nel 2004, ha raccolto dati UV sull’atmosfera per diversi anni e ulteriori dati sono arrivati dall’International Ultraviolet Explorer, lanciata nel 1978, e dal telescopio Hubble.
Ma la domanda persistente era se tutti i dati potessero essere illusori o invece riflettessero un vero fenomeno su Saturno. La chiave per assemblare il puzzle è arrivata nella decisione di utilizzare le misurazioni dello Space Telescope Imaging Spectrograph (STIS) di Hubble. Le sue osservazioni di precisione di Saturno sono state utilizzate per calibrare i dati UV d’archivio di tutte e quattro le altre missioni spaziali. Quattro decenni di dati UV coprono più cicli solari e aiutano gli astronomi a studiare gli effetti stagionali del Sole su Saturno.
Riunendo tutti i diversi dati e calibrandoli, è stato determinato che non vi è alcuna differenza stagionale nel livello di radiazione UV. L’interazione inaspettata tra gli anelli e l’atmosfera superiore è ora oggetto di indagine approfondita, per definire nuovi strumenti diagnostici per stimare se esopianeti distanti abbiano sistemi di anelli estesi simili a quelli di Saturno.
Lo studio è stato pubblicato sul Planetary Science Journal da un gruppo di ricerca guidato da Lotfi Ben-Jaffel, che lavora all’Istituto di astrofisica di Parigi e all’Università dell’Arizona.