All’ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, con tre pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano “con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare“. Lo si legge nelle consulenza del microbiologo Andrea Crisanti depositata agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Coronavirus nella Bergamasca in cui sono indagati, tra gli altri, l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza.
Mentre il Covid già circolava in pianura Padana, il governo di Conte e Speranza organizzava gli “aperitivi contro la paura” e le manifestazioni “abbraccia un cinese” contro il “razzismo” (così dicevano!) della destra che chiedeva maggiori controlli per gli ingressi dalla Cina. Dopo ben cinque giorni, il 9 febbraio, Burioni andava in TV da Fabio Fazio a dire che “in Italia siamo tranquilli. Il virus non c’è. È lecito preoccuparsi solo per l’influenza”. Quindi per Burioni preoccuparsi per il Coronavirus era “illecito”, quando invece adesso gli inquirenti stanno indagando se fosse “illecito” che non ci sia preoccupati abbastanza.
“La mancata attuazione del Piano Pandemico è da ricercare nel fatto che sia il ministro Speranza, che tutti i membri della task force e del Cts, così come tutti i direttori generali del Ministero della Salute” sarebbero stati “consapevoli del fatto che” doveva “essere aggiornato almeno dal 2017“. Lo scrive Andrea Crisanti nella consulenza agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione del Covid in Val Seriana aggiungendo: “la pandemia li coglie impreparati e in ritardo e a priori ritengono inadeguato, senza un esame approfondito, un piano che aveva bisogno solo di un aggiornamento” in base alle linee guida Oms.
Nel sostenere ciò Crisanti scrive nella relazione che “non può (…) corrispondere al vero” la giustificazione offerta da Speranza sulla mancata attuazione del piano. L’ex ministro, in merito al tema, aveva affermato che “fosse necessario avvalersi di quel tavolo di confronto (task force) e di strumenti nuovi e diversi, più specificatamente adatti al nuovo virus che ci si trovava a dover affrontare. Infatti, ben presto, i nostri organismi tecnici prima nella task force e poi nel Cts, valutarono la necessità di avvalersi e di definire un approccio specifico al coronavirus, come emerge dai verbali” dello stesso Comitato tecnico-scientifico. Per Crisanti questa giustificazione è stata “confezionata a posteriori, in quanto nessuno degli esperti e consulenti a cui fa riferimento il Ministero aveva esaminato il piano pandemico, tantomeno lo aveva sottoposto a una valutazione critica in seno alla task force o al Cts come documentato dai rispettivi verbali“.