Dopo anni di negoziati, gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno raggiunto un accordo per proteggere l’Alto mare, un ambiente fragile e vitale che copre quasi la metà del pianeta. L’Alto Mare è l’area di mare che si trova oltre la Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale – oltre le 200 miglia nautiche dalla costa, se gli Stati hanno dichiarato la EEZ – e occupa circa due terzi dell’oceano. La zona fa parte delle acque internazionali, quindi al di fuori delle giurisdizioni nazionali, in cui tutti gli Stati hanno il diritto di pescare, navigare e fare ricerca, tra le altre cose.
Finora nessun governo si era assunto la responsabilità della protezione e della gestione sostenibile di questa preziosa area. Tale vulnerabilità comporta conseguente perdita di biodiversità.
L’accordo colloca il 30% dei mari in aree protette entro il 2030, con l’obiettivo di salvaguardare e recuperare la natura marina. L’intesa è stata raggiunta sabato sera, dopo 38 ore di colloqui, nella sede dell’ONU a New York.
I negoziati erano stati bloccati per anni a causa di disaccordi sui finanziamenti e sui diritti di pesca. L’ultima intesa internazionale sulla protezione degli oceani è stata firmata nel 1982: la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
“È un momento storico per i nostri oceani. Facciamo un passo avanti fondamentale per preservare la vita marina e la biodiversità che sono essenziali per noi e per le generazioni a venire,” ha dichiarato il commissario europeo per l’ambiente Virginijus Sinkevicius commentando l’accordo raggiunto all’ONU.
“L’oceano è cibo, energia, vita. Ha dato così tanto all’umanità: è tempo di restituire. Accolgo con favore l’accordo sull’Alto Mare; un trattato che proteggerà l’oceano oltre la giurisdizione nazionale. Sono grata alla High Ambition Coalition per la sua perseveranza. Ce l’abbiamo fatta!“: questo il commento di Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione UE