Preoccupazione e paura ma anche speranza sono i sentimenti più diffusi tra gli abitanti dei comuni più colpiti dalle scosse di terremoto che si sono verificate nel nord dell’Umbria il 9 marzo. L'”atmosfera” che si vive è colta nelle testimonianze riportate in un comunicato dell’archidiocesi di Perugia-Città della Pieve. In questi giorni difficili, la Chiesa è stata “vicina” alla popolazione, sia moralmente sia concretamente, grazie all’attività della Caritas ed in molti si sono detti “grati al vescovo Ivan Maffeis per essere venuto tra noi, a meno di 24 ore dalle scosse”.
Il diacono Aristide Bortolato commenta: “la sofferenza e il dolore degli abitanti sono grandissimi. C’è chi ha perso sia la casa che il lavoro. Siamo chiamati ad affrontare un primo aspetto che possa portare un senso di vera speranza. Dal punto di vista psicologico tante persone non stanno riuscendo ad affrontare questa situazione e ho incontrato e parlato al telefono con numerosi pierantoniesi che chiedevano consigli. C’è stata anche una bellissima testimonianza. Una famiglia ha dovuto lasciare la sua casa perché è stata completamente devastata dalle scosse. Le uniche cose che si sono salvate sono stati un crocifisso esposto sugli scaffali di una libreria e una immagine della Sacra Famiglia. È stato visto come un segnale di speranza. Gli abitanti di Pierantonio hanno molto apprezzato la presenza della Chiesa, con la visita di venerdì del nostro arcivescovo Ivan e dei sacerdoti con responsabilità diocesane, don Riccardo Pascolini e don Simone Pascarosa. È un segno di vicinanza che ha fatto rifiorire molti aspetti interiori”.
Il parroco della zona-epicentro del sisma, don Anton Maricel, parla di “una domenica vissuta con ansia e speriamo che tutto torni presto alla normalità. Tante persone di Pierantonio e di Rancolfo domenica mattina hanno voluto partecipare alla messa che ho celebrato a La Bruna. Ancora c’è molta paura. Ho incontrato molta gente e dai loro volti si è colto il dolore causato dal terrore del terremoto e dai danni che le loro case hanno avuto. Ho visto tante persone piangere, perché hanno perso la propria casa. Dobbiamo farci coraggio con la preghiera e avere la forza per affrontare insieme la difficile situazione”.
Don Renzo Piccioni Pignani, storico parroco di Montecorona e rettore dell’abbazia-basilica minore di San Salvatore (secolo XI), ha trascorso insieme ai suoi parrocchiani la prima domenica post-sisma, trasmettendo loro serenità nella consapevolezza di essere nuovamente in emergenza, celebrando, con un centinaio di fedeli, un battesimo già programmato, nella cripta del complesso abbaziale. Solo la chiesa ha subito lievi lesioni ed è stata temporaneamente chiusa al culto in via precauzionale. Chiusura, come spiega il rettore, che di fatto avviane da anni nel periodo invernale per riaprire poi in estate. “Alle messe di domenica scorsa delle ore 9, 11 e 18 – racconta il sacerdote – la partecipazione di fedeli è stata un po’ meno delle precedenti. E questo è comprensibile per la situazione che stiamo vivendo, ma la nostra gente non ha perso la fede con le scosse. Certamente sono persone molto provate, preoccupate del loro futuro nuovamente incerto. In meno di 40 anni è il quarto terremoto che viviamo. Ricordo quello del 1984″.
Altra testimonianza raccolta è quella della responsabile della Caritas parrocchiale di Pierantonio, Cristiana Madau: “come Caritas abbiamo la nostra sede inagibile, ma stiamo cercando di dare il nostro sostegno alle persone che sono rimaste senza casa. Ci sono molte situazioni difficili, perché il 90% delle abitazioni del centro di Pierantonio è inagibile, i commercianti rischiano di non riaprire più. Il sentimento comune è di non lasciare morire il paese. Il nostro, al momento, è un’opera soprattutto di ascolto e di sostegno psicologico a chi soffre. Domenica mattina siamo stati a messa alla chiesa de La Bruna. È stata una domenica molto diversa dalle altre dove l’ascolto e la necessità di dare un qualcosa agli altri si sono fatti ancora più impellenti”.