In Italia sono 149 i centri censiti che conducono ricerche cliniche in oncologia. Il 91% ha una radiologia accreditata in sede, il 76% è dotato di un’anatomia patologica e il 68% di un laboratorio di biologia molecolare, aspetto molto importante per il ruolo centrale della medicina di precisione. Quasi la metà dei centri (69) svolge un buon numero di sperimentazioni ogni anno, compreso fra 10 e 40, e 29 strutture superano i 40 trial. Restano però forti criticità nella disponibilità di personale e di una solida infrastruttura, indispensabili per garantire la qualità degli studi: il 67% (100 centri) è privo di un bioinformatico, il 48% (72) non può contare sul supporto statistico. E sono troppo pochi i coordinatori di ricerca clinica (data manager) strutturati, i ricercatori e gli infermieri di ricerca. Sono carenti anche le strutture informatiche disponibili, infatti solo il 40% può utilizzare un sistema di elaborazione di dati. Inoltre, vi sono forti differenze territoriali, perché oltre la metà delle strutture di ricerca in oncologia (78 su 149) si trova al Nord, 38 al Centro e solo 33 al Sud. La fotografia è scattata dal primo “Annuario dei Centri di Ricerca Oncologica in Italia”, promosso dalla Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (FICOG) e dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), un vero e proprio censimento delle strutture che realizzano sperimentazioni sui tumori nel nostro Paese, presentato oggi al Ministero della Salute. Il 14 marzo è la prima Giornata Nazionale dei Gruppi Cooperativi per la Ricerca in Oncologia, promossa da FICOG, un evento che si celebrerà ogni anno per sensibilizzare i cittadini sull’importanza dei trial clinici indipendenti.
“Con questo volume offriamo alle Istituzioni uno strumento concreto per l’individuazione dei centri che possono rispondere ai nuovi requisiti stabiliti dal Regolamento europeo 536 del 2014 sulle sperimentazioni cliniche – afferma Carmine Pinto, Presidente FICOG – Gli studi condotti in Italia hanno cambiato la pratica clinica a livello nazionale e internazionale in diversi tipi di tumori, portando alla modifica di linee guida e raccomandazioni. Ma servono personale, infrastrutture digitali, risorse economiche e organizzative. Il finanziamento pubblico in questo settore è, da sempre, sottodimensionato nel nostro Paese. Siamo agli ultimi posti in Europa per finanziamenti. Se la ricerca è centrale per lo sviluppo e l’innovazione, allora è indispensabile definire e attuare una strategia unitaria e un piano nazionale. Non è più procrastinabile la realizzazione della Rete Nazionale per la Ricerca Clinica, fondamentale anche per attrarre investimenti privati. La programmazione va declinata anche a livello locale, con la piena istituzione delle Reti Oncologiche Regionali, che possono promuovere e facilitare le sperimentazioni da un punto di vista progettuale, gestionale e amministrativo. In questo modo potranno essere colmate le differenze territoriali, che vedono la maggior parte dei centri al Nord”. La Regione che vanta più strutture è la Lombardia (28), seguita da Lazio (18), Piemonte (15), Veneto (14) ed Emilia-Romagna (13). I tumori su cui si concentra il maggior numero di sperimentazioni sono quelli mammari, gastro-intestinali, toracici, urologici e ginecologici.
“La produzione scientifica italiana è all’avanguardia in molti ambiti e i riconoscimenti alle nostre Scuole a livello internazionale sono molteplici – spiega il Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, nella prefazione del libro – Mai come adesso siamo consapevoli dell’eccellenza delle ricercatrici e dei ricercatori italiani e, da anni, in Italia, sono attivi i Gruppi cooperativi che hanno proprio il compito di sviluppare la ricerca clinica nei diversi settori e hanno prodotto lavori divenuti pietre miliari dell’Oncologia Medica a livello mondiale. Da medico e da Ministro della Salute, ritengo fondamentale porre la ricerca al centro delle politiche sanitarie e delle attività del Servizio Sanitario Nazionale, al fine di rilanciare la sanità nel suo complesso e assicurare le migliori opportunità terapeutiche ai cittadini. Adeguatamente supportata attraverso iniziative di sostegno alla ricerca, l’oncologia medica può costituire un motore di sviluppo non solo scientifico, ma anche economico e sociale”. Nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. In due anni, l’incremento è stato di 14.100 casi.
“Quasi il 40% delle sperimentazioni condotte nel nostro Paese riguarda l’Oncologia – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM – La gestione dei trial clinici sta diventando sempre più complessa e richiede competenze specifiche e multidisciplinari. È importante disporre di diverse figure professionali, come i coordinatori di ricerca clinica, cioè i data manager, gli infermieri di ricerca, i biostatistici, gli esperti in revisione di budget e contratti. In particolare, i coordinatori di ricerca clinica sono figure fondamentali, perché deputate alla gestione dei dati all’interno delle sperimentazioni. Dove sono presenti, si registra un importante aumento delle performance del centro, che si traduce nell’arruolamento dei pazienti, in alti standard qualitativi, nella salvaguardia del benessere delle persone negli studi e nell’ottimizzazione dei processi. Però un vuoto normativo non permette di strutturarli all’interno dei team, limitando il loro impiego con contratti libero professionali, borse di studio e assegni di ricerca”. “Assistiamo, quindi, a una costante migrazione di personale esperto e qualificato verso aziende farmaceutiche e organizzazioni di ricerca a contratto – continua il Prof. Cinieri – È indispensabile individuare, con l’aiuto delle Istituzioni, un percorso legislativo per il riconoscimento dei data manager”.
Il Regolamento europeo 536 del 2014 ha armonizzato il processo di valutazione e autorizzazione di uno studio clinico condotto in più Stati membri. E l’Italia si è finalmente adeguata alla normativa comunitaria, grazie ai quattro decreti firmati dal Ministro della Salute (pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 2023). “Il Regolamento europeo rappresenta un’ottima opportunità per superare le attuali criticità – continua il Prof. Pinto – Standardizza e semplifica la ricerca clinica ma, al tempo stesso, garantisce la qualità degli studi e la partecipazione dei pazienti. Dal nostro censimento emerge come il tempo medio di valutazione di uno studio da parte del Comitato Etico sia, nella maggior parte dei casi (68%), di 4-8 settimane. È compreso fra uno e due mesi anche il tempo medio richiesto per la firma del contratto. Il Regolamento europeo porterà a velocizzare le procedure autorizzative e ad eliminare vincoli burocratici e richieste di documentazione spesso eterogenee e ridondanti”.
“La partecipazione diretta delle associazioni dei pazienti nelle attività di ricerca promosse dalla Commissione Europea rappresenta oggi una realtà – sottolinea Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) – Inoltre, è recente l’approvazione all’unanimità da parte della Camera dei Deputati di una mozione in cui è raccomandato al Governo di coinvolgere e ascoltare i pazienti continuativamente sin dalle prime fasi dei processi decisionali: dalle sperimentazioni, alle gare, ai comitati etici, alla programmazione. Considerato che la ricerca clinica deve essere ‘patient centred’, la mozione impegna l’Esecutivo a prevedere nei bandi di ricerca nazionali quanto già previsto dalla Commissione Europea, ossia considerare valore aggiunto la collaborazione delle associazioni dei pazienti alla co-progettazione e gestione dei progetti”. “Il legislatore, pertanto, deve adeguare la normativa a quanto stabilito a livello europeo – continua Francesco De Lorenzo – Finora le associazioni hanno collaborato perché coinvolte dagli oncologi, che ringraziamo, ma serve una iniziativa legislativa specifica. Vanno inoltre superati i pregiudizi ancora presenti per la partecipazione agli studi clinici, che consentono di accedere, anche anni prima dell’immissione in commercio, a una terapia innovativa e contribuire alla disponibilità della cura per altri pazienti colpiti dalla stessa neoplasia”.
Oggi al Ministero della Salute è presentato lo spot, che è parte della campagna di sensibilizzazione “Lo sai quanto è importante?” e che sarà diffuso nei social network e in Tv. “È indispensabile promuovere una corretta informazione e partecipazione – conclude il prof. Pinto – Ci rivolgiamo direttamente ai cittadini per comunicare il valore della ricerca ed il suo ruolo imprescindibile per i progressi nelle conoscenze e nelle strategie di controllo e cura dei tumori. Soprattutto grazie alla ricerca, oggi il 60% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi e un milione di persone può essere considerato guarito”.