Runner morto, Zibordi: “il piano d’azione c’è ma serve coraggio”

Sarebbe necessario mettere in atto tutte quelle procedure che sono scritte nei protocolli d'azione, dove sono gia' scritte tutta una serie di cose che pero' in molti casi sono state disattese per problemi politici
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“C’e’ da gestire il fenomeno. Sarebbe necessario mettere in atto tutte quelle procedure che sono scritte nei protocolli d’azione, in questo famoso Pacobace, che e’ l’acronimo di Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali, dove sono gia’ scritte tutta una serie di cose che pero’ in molti casi sono state disattese per problemi politici. Nel senso che sono cose che tecnicamente siamo tutti d’accordo che andrebbero fatte ma la politica non ha avuto il coraggio di fare. Riguarda la gestione degli individui problematici, la comunicazione e via dicendo. Informare la popolazione e gestire gli orsi che si comportano in maniera non appropriata con quel che e’ il territorio alpino”. A rispondere e’ lo zoologo e naturalista Filippo Zibordi, sentito dall’Agi in merito alla morte di Andrea Papi, uscito di casa due giorni fa per andare a correre e trovato cadavere in mezzo al bosco di Caldes, paesino della Val di Sole tra le montagne del Trentino con ferite compatibili con quelle causate dall’aggressione di un animale selvatico, con tutta probabilita’ un orso.

“Nel Piano ci sono scritte cose che andrebbero fatte e che con tutta probabilita’ potrebbero minimizzare i rischi per chiunque vada nei boschi, ma queste azioni sono state in larga parte disattese negli ultimi anni”. Quel che sta scritto nelle linee guida e’ il fatto che ci sono alcuni orsi che se fanno alcune cose, gia’ ben indicate e scritte, non possono piu’ esser liberi. Cioe’ devono venire prelevati perche’ rischiano di mettere a repentaglio l’incolumita’ pubblica. Le linee guida prevedono poi che togliere gli orsi dallo stato di liberta’ – toglierne uno per salvare gli altri novantanove – possa avvenire in due modi: o tramite l’abbattimento, o, mi permetta di chiamarlo cosi’, con l’ergastolo.

Un ergastolo che spesso passa per forza di cose attraverso la loro costrizione in recinti piu’ o meno grandi, ma che non saranno neanche lontanamente compatibili con quello che riguarda la vita di un animale selvatico. E spesso con la necessita’ di dovergli somministrare droghe per tenerli tranquilli. Ecco, cosa rispetti di piu’ la vita di un animale lo lascio decidere alla coscienza di ognuno di noi. Le dico solo che le linee guida prevedono entrambe le cose, ma con un must: il fatto di toglierli di torno nel momento in cui manifestano atteggiamenti pericolosi per l’uomo”. Continua Zibardi.

Orso specie tra le più protette

L’orso è una delle specie piu’ protette in Europa, sia dalla direttiva Habitat sia dalle leggi italiane e locali. E’ una specie che appartiene all’ecosistema alpino, e’ una specie cosi’ detta autoctona e quindi la sua presenza rafforza in qualche modo tutta quella rete di relazioni che costituiscono un ecosistema e che permettono anche di assorbire eventuali disturbi dall’esterno. Questo e’ il valore ambientale, poi c’e’ un valore culturale o storico. Sono 80 mila anni che l’uomo convive con l’orso con vicende alterne. Ogni tanto sbarazzandosene, pero’ comunque anche con un forte legame mentale, culturale, l’orso e’ presente in tantissime raffigurazioni, in tantissime nostre idee”

“Per chi frequenta la montagna ci sono delle buone regole che possono o andrebbero messe in atto nel momento in cui ci si reca nelle zone in cui si sa che l’orso e’ presente. La prima delle quali – sostiene Filippo Zibordi – e’ evitare di cogliere l’orso di sorpresa e quindi mettere in atto tutto quello che si puo’, senza esagerare, per avvertirlo della nostra presenza, qualora ci trovassimo a camminare in zone in cui sappiamo e’ presente. Anche solo parlando ad alta voce, per esempio, in zone in cui c’e’ scarsa visibilita’ o se siamo soli, per evitare che l’orso possa agire per autodifesa”

Come si raggiunge questa coesistenza?

“Noi viviamo, almeno in Europa, ancor piu’ sulle Alpi, in una zona dove per forza di cose e’ necessario lavorare per una coesistenza tra natura e uomo, nel senso che non dobbiamo pensare alle Alpi come all’Alaska o alla Kamchatka, quindi a delle zone dove gli uomini stanno da una parte e la natura dall’altra, ma dobbiamo pensare a una compenetrazione forte tra le zone dove vivono gli animali selvatici e le zone dove gli uomini fanno tutta una serie infinita di cose, giustamente e legittimamente”.

“Per permettere di raggiungerla e’ necessario che vi sia una gestione, che ha bisogno di tutta una serie d’interventi che in alcuni casi vengono messi in atto ma a volte no. Riguarda gli orsi ma e’ un discorso che si potrebbe ampliare anche ai lupi o ai cinghiali. Siamo nel XXI secolo, in un mondo in cui non possiamo lasciare che la natura faccia il suo corso o trovi i suoi equilibri da sola. Non lo dico solo io, lo dice la biologia della conservazione. Gli equilibri sono talmente andati oltre che non possiamo lasciare che le cose vadano ognuna per conto proprio, e’ troppo tardi”.

“Intanto c’e’ da dire che tutto nasce da un progetto di reintroduzione che ha avuto inizio alla fine degli anni ’90 per scongiurare l’estinzione dell’ultima popolazione di orsi. Ne sono stati prelevati dieci in Slovenia e rilasciati in Trentino. Ad oggi sulle Alpi centrali, quindi non solo in Trentino, sono piu’ di un centinaio”.

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